Imprese e Tari: a Bergamo conto salato
Turismo tartassato, in altre città va peggio

Salasso da rifiuti. Secondo le stime di Confesercenti, la Tari potrebbe costare quest’anno ai contribuenti fino a 10 miliardi di euro, di cui 4 a carico delle sole imprese.

L’aumento – di circa il 20% sullo scorso anno e di oltre il 100% dal 2008 – è dovuto al susseguirsi di nuove tasse e poi di ritocchi verso l’alto della tariffa da parte dei comuni in tutta Italia. Particolarmente tartassate le imprese della somministrazione e del turismo: da alberghi, ristoranti e bar arrivano complessivamente 1,2 miliardi del gettito Tari.

A Bergamo, la spesa media per impresa ammonta a 1.401 euro. Non poco, ma comunque meno rispetto ad altre città italiane. Ad esempio un imprenditore commerciale o turistico a Milano spende in media 2.650 euro, mentre a Genova si sale addirittura a 4.852. Bergamo è però meno salata rispetto ad altri capoluoghi di dimensioni simili: a Cagliari la Tari media costa 3.400 euro, a Campobasso 2.303 euro, ad Ancona 2.095.

Nel dettaglio in città un albergo con ristorante (1000 mq) versa 3.735 euro in un anno. Ad Ancona il balzello arriva però a 4.849, a Campobasso a 4.784. Milano tocca addirittura quota 5.426 euro.

La maggior «convenienza» di Bergamo non si riscontra però in tutti i settori. Gli ambulanti di generi alimentari, ad esempio, versano al Comune di Bergamo 646 euro, poco più dei colleghi milanesi che pagano 642 euro. Ma va molto peggio rispetto ad Ancona, dove si pagano solo 468 euro. Più a buon mercato anche Cagliari, dove ogni bancone sborsa 620 euro. La tariffa più alta è a Genova: 1522 euro.

In generale, la Tari pesa non poco su bar e ristoranti: a Bergamo la categoria (considerando un locale di 200 mq) versa 2.464 euro. Proseguendo con i paragoni, ad Ancona si pagano tuttavia 2.918 euro, mentre Mi-lano arriva a 5.855. Campobasso invece si accontenta di molto meno: 2.441 euro.

Per i negozi d’abbigliamento (150 mq) Roma risulta il Comune con la Tari maggiore: si pagano oltre 2.300 euro. Un importo incommensurabile rispetto a quello pagato dai commercianti di Milano: nonostante le due città̀ abbiano dimensioni simili, i colleghi milanesi pagano 824 euro, un terzo dei romani. All’Aquila ce la si può cavare con 400 euro. Ai negozianti di Bergamo il Comune chiede 462 euro.

«La tassa sui rifiuti ha un peso significativo sulle imprese commerciali e turistiche – osserva Cesare Rossi, responsabile dell’area sindacale di Confesercenti Bergamo – anche se, dal confronto con altre città, si comprende come altrove vada anche peggio. Più̀ che una tassa legata ad un servizio la Tari sembra essere ormai diventata un’imposta locale basata sulla superficie dell’attività̀ e del tutto slegata dalla effettiva produzione di rifiuti e dall’efficienza dei sistemi di raccolta».

Per questo, dice, «occorre rivedere al più̀ presto la struttura dell’attuale sistema di prelievo, ridefinendo con maggiore puntualità̀ coefficienti e voci di costi in base al tipo e al quantitativo e qualità̀ di rifiuti effettivamente prodotti».

Bisogna, dice Rossi, «piuttosto premiare chi mette in atto azioni di riduzione della produzione dei rifiuti e chi ricicla. L’annunciata istituzione della Local Tax può essere l’occasione giusta».

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