Latte, parlano gli allevatori bergamaschi
«Un disastro, così non andiamo avanti»

«Nel 1988 il latte alla stalla veniva pagato 800 lire al litro e il prezzo alla distribuzione il consumatore lo pagava 1.500-1.600 lire. Oggi ci pagano 35-36 centesimi al litro, quando non addirittura 31-32, e il consumatore lo paga 1,60 euro allo scaffale».

«Qualcosa non torna e non serve un genio della matematica per capirlo» commentano gli allevatori che, alla 88ª Fiera Agricola Zootecnica Italiana di Montichiari, raccontano come è cambiato il lavoro. Uno di questi è Roberto Capelletti, 50 anni, una stalla di 450 animali a Covo e 50 ettari coltivati: «D’inverno devo fare il norcino come secondo lavoro per mettere i soldi in stalla – dichiara – e ho un’ipoteca sull’azienda, colpa anche delle quote latte che hanno frenato la produzione italiana per 20 anni, per non dire 30».

La curiosità di investire per migliorare la competitività e soprattutto ridurre i costi di produzione si infrange con lo scenario attuale del prezzo del latte. La rabbia è mista alla preoccupazione, perché, ribadisce Capelletti, «in questo momento per il latte non ci sono sbocchi e il contratto di conferimento del latte che ho con Igor Gorgonzola scadrà con il prossimo 31 marzo. E dopo?».

Fra le poche certezze di Capelletti c’è quella che non servirebbe un commissario, basterebbe un cambio radicale di strategia nella gestione dell’intera vicenda, che va ben oltre il prezzo del latte. «Credo che abbia ragione l’assessore all’Agricoltura della Lombardia, Gianni Fava – prosegue Capelletti -: siano le Regioni che producono il latte a confrontarsi con l’Unione europea, mica lo Stato, che deve mediare con altre situazioni che non riguardano la filiera lattiero casearia. Anche se, a dirla tutta, fra la Brexit e il Trattato di Schengen che fra un po’ salterà in aria, non so che cosa rimarrà di questa Europa».

il sentimento è di rammarico, per una vita spesa a lavorare in un’attività che richiede molta passione e che impegna moltissimo, quotidianamente. Porta sulla spalle il peso di un comparto zootecnico totalmente in apnea Emanuele Fumagalli, 30 anni, di Bottanuco. «Oltre a 250 bovine da latte alleviamo anche suini e bovini da carne – specifica – ma la situazione è pesante per tutti i comparti. Un vero disastro, non sappiamo per quanto potremo andare avanti».

La soluzione? «Servirebbe secondo me l’etichettatura d’origine – sostiene – perché non si sa quanto latte proveniente dall’estero poi si trasforma magicamente in italiano dopo l’ultima lavorazione».

Bocciato sonoramente il Fondo di solidarietà. «Ora come ora chiedere denaro agli allevatori è come chiederli a un senzatetto, la stessa cosa – dice Fumagalli – ma vi assicuro che prima di morire lotteremo duramente, perché ci sentiamo totalmente abbandonati dallo Stato».

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