Mais, la nuova frontiera sta nel bio-combustibile

Il mais, coltura importante del nostro territorio provinciale, è un cereale necessario per l’alimentazione umana e per il foraggio animale. Ma negli ultimi anni sta crescendo l’attenzione al suo utilizzo anche come bio-combustibile. Per le aziende agricole, quindi, si delinea il problema di mantenere un equilibrio tra queste due opzioni, ma anche la necessità di valutarne la fattibilità a livello economico e ambientale.

Mentre la ricerca scientifica sta mettendo a punto nuove tecniche di trasformazione del mais in bio-combustibile, sfruttando anche la parte ligneo cellulosa della pianta (e non solo la granella, come avviene ora), oltre a incrementare la qualità e la quantità del cereale. Uno scenario emerso ieri, nel corso della Giornata del Mais, organizzata presso la ex Borsa Merci, dal Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (Cra), dall’Unità di ricerca per la maiscoltura e la Regione Lombardia e dalla direzione generale Agricoltura, in collaborazione con la Provincia, la Camera di commercio e la Banca Popolare di Bergamo.

«La maiscoltura in Bergamasca è molto importante – ha detto l’assessore provinciale all’Agricoltura, Luigi Pisoni -; copre una superficie di 22.300 ettari per una produzione di 37 milioni di euro». Risorsa, quella del territorio a destinazione agricola, che va tutelata, come ha sottolineato anche l’assessore comunale all’Ecologia, Fausto Amorino, che, in merito alle agroenergie, ha aggiunto come «sia necessario uscire dal piano ideologico». D’accordo anche Franco Mapelli, consigliere della Camera di commercio di Bergamo, che ha elencato gli aspetti più urgenti: i vincoli del protocollo di Kyoto, la riforma della politica agricola europea, la necessità di riequilibrare i consumi energetici nazionali. «Sulle biomasse – ha aggiunto Mapelli – i livelli di informazione sono ancora bassi e manca l’organizzazione della filiera produttiva. Perciò diventa importante la pianificazione agricola».

Se la Regione Lombardia ha deciso di organizzare i finanziamenti alla ricerca non per aree tecnologiche, bensì per aree problematiche, come ha annunciato ieri Adriano De Maio, sottosegretario regionale Ricerca e Innovazione, nella nostra provincia sono già avviati dei progetti per la riduzione dei nitrati dai reflui, in base alla relativa direttiva europea, come ha illustrato Carlo Carsana, della Servitec di Dalmine. «In Italia le fonti di energia rinnovabile riguardano solo il 7% del consumo annuo e per i trasporti il 98% del consumo è ancora di carburanti fossili – ha concluso Mario Motto, del Cra, Unità di ricerca per la maiscoltura –. Perciò l’attività di ricerca deve orientarsi allo sviluppo del settore agroenergetico, mettendo a punto le tecnologie che ne permettano il potenziamento e la fattibilità».

(27/01/2008)

© RIPRODUZIONE RISERVATA