Quadri, orologi, auto: quando l’investimento sposa passione e arte

Il ritorno delle alternative ai prodotti finanziari Intesa registra interesse crescente verso il segmento Identikit del collezionista: si acquista per avere emozioni.

L’arte dell’investimento, in senso letterale. Perché sempre più, specie in momenti delicati come questo, in cui dopo un’emergenza si vorrà godere anche del «bello» in ogni sua forma, oltreché del «redditizio», l’arte sta tornando come forma d’investimento, dai dipinti alle monete, dagli orologi alle auto d’epoca, solo per fare qualche esempio. Intesa Sanpaolo Private Banking sta approfondendo proprio questo mercato, e punta ad ampliarlo anche in Bergamasca, terra dove la presenza del gruppo si è rafforzata con l’acquisizione di Ubi. Su questi temi, il Competence Center di Intesa Privater banking ha dato vita al servizio di «Art advisory», con servizi di consulenza per chi vede nell’arte un’opportunità di diversificazione del patrimonio.

Sul tema ha anche pubblicato un report che fotografa i numeri di questo mercato: le prime 28 case d’asta italiane, per esempio, nel 2019 hanno generato in giro d’affari di oltre 350 milioni di euro (le prime tre realtà del settore hanno avuto il 75% di clienti provenienti dall’estero), e la Lombardia è la regione a più alto tasso di operatori commerciali di beni culturali; solo a Milano si contano 250 gallerie, 118 antiquari, 39 negozi di arti decorative e piccolo collezionismo, 31 case d’asta. «Questo è un territorio ricchissimo di amanti dell’arte», è la premessa che traccia Stefania Pedroni, responsabile Competence Center di Intesa. Un patrimonio familiare «Arte vuol dire famiglia, e in questa riflessione si inserisce anche la ricerca della trasmissione nella modalità più serena del patrimonio familiare, così come l’ottimizzazione delle forme di sicurezza - prosegue Pedroni, entrando nelle attività del Competence Center nel segmento arte -. Crediamo che gli investitori debbano essere interessati a investire, oltre che a compiacersi dell’arte.

Oggi certamente c’è ancora chi compra il singolo quadro, ma il collezionismo sarà sempre più la valorizzazione dell’opera d’arte». «Si acquista ciò che scatena un’emozione - prosegue Stefania Pedroni -, in pochi acquistano solo per una potenziale rivalutazione dell’opera». L’identikit del collezionista mostra che «l’età media si sta abbassando - aggiunge la responsabile del Competence Center -: è di poco superiore ai 58 anni, prevalgono gli uomini (anche se spesso si colleziona in coppia e la moglie è «co-collector») e il Nord Italia. Si tratta in prevalenza di laureati, imprenditori, liberi professionisti, dirigenti d’azienda. Un investitore di 58 anni, tra l’altro, coincide con una persona che ha ancora una ricchezza in costruzione, perché ancora pienamente inserito nel mondo del lavoro».

Un trend che ancora scorre sottotraccia, ma da monitorare attentamente, è quello delle aziende che nell’arte vedono una vera forma d’investimento diversificato, oltre le «semplici» opere da mettere in mostra. Parola d’ordine: diversificare «Abbiamo formato i nostri banker in modo che riconoscano sempre più la possibilità di mettere a disposizione dei clienti servizi dedicati all’arte - conclude Pedroni -. La diversificazione del patrimonio è un’opportunità che si potrà sempre più percorrere». Lo confermano altre cifre: a livello mondiale, dal 2009 al 2019 - pur con la crisi globale dell’economia nel mezzo - le transazioni del mercato dell’arte, secondo quanto evidenziato da Intesa Private Banking, hanno avuto un incremento del 62%, passando da 39,5 a 64,1 miliardi di dollari.

© RIPRODUZIONE RISERVATA