Scoppia la febbre del tartufo
700 cercatori e 4 giacimenti segreti

Un boom di richieste e con esso, di ricercatori, quelli che in Piemonte, a caccia dell’ancora più rinomato tartufo bianco, chiamano «trifulau» e che si stanno diffondendo sempre più a macchia d’olio anche in Bergamasca.

La febbre del tartufo, anche in provincia resta infatti alta anche se, spiegano i ricercatori riuniti nell’Arto (Associazione Ricercatori e Tartuficoltori Orobici), «oggi il pericolo è l’avidità dei cercatori, che pur di portare a casa del raccolto non si limitano a usare i cani addestrati ma ricorrono alla zappa, rovinando l’habitat naturale che non produrrà più».

Spiega il presidente di Arto Andrea Bonucci: «In provincia, non posso dire le località esatte per motivi di riservatezza, ci sono 4 grossi impianti tartufigeni con 150-250 piante e altri 11 che stanno crescendo e produrranno nei prossimi anni: il periodo migliore di produzione è dopo 10-12 anni di impianto. Una decina di altri giovani imprenditori stanno facendo richiesta di mini-impianti tartufigeni».

© RIPRODUZIONE RISERVATA