Strachitunt, a rischio centinaia di forme
Tanto l’invenduto. «Faremo donazioni»

Bloccate in Val Taleggio le produzioni di Strachitunt, la nona Dop casearia orobica, una delle eccellenze agroalimentari non solo bergamasche ma dell’intera Lombardia.

I casari sono impegnati nel ricercare soluzioni per ridurre le perdite economiche, che stanno danneggiando gravemente la filiera, e si stanno attivando per evitare di dover gettare al macero 300 forme delle 900 conservate nei magazzini di stagionatura. Le chiusure imposte dalla normativa Covid19 hanno infatti causato il blocco delle vendite di questo prodotto a ristoranti e negozi specializzati.

«La situazione è davvero critica - dichiara Alvaro Ravasio, presidente del Consorzio di Tutela dello Strachitunt Dop -: i nostri clienti abituali sono la ristorazione in primis, i negozi specializzati e le enoteche, dove il cliente si fermava a farsi raccontate la caratteristiche di questo formaggio unico a due paste. Oggi anche questi negozi vedono i clienti orientarsi su prodotti standard».

Lo Strachitunt, formaggio che per decenni è stato sull’orlo dell’estinzione, poi riscoperto negli anni Novanta grazie a un trio di volenterosi addetti ai lavori (oltre allo stesso Ravasio, il grande e compianto casaro Guglielmo Locatelli e Giluio Signorelli, per tutti Ol Formager), è diventato l’emblema dell’artigianalità casearia orobica, spesso inserito nella classifica delle grandi gemme casearie nazionali, alla stregua di Bagoss e Castelmagno. La primavera ormai è in perdita: «Abbiamo le cantine piene con 900 forme ferme e un terzo di queste rischiano di essere buttate perché il prodotto che ha superato i 150 giorni di stagionatura se non si vende si elimina».

Chiaro che, prima di scartare il prodotto «siamo aperti a donarlo a chi ne ha bisogno ma il nostro discorso - precisa ancora Ravasio - è di natura economica e anche occupazionale: meno forme vendiamo e meno probabilità abbiamo di poter continuare a pagare il latte che stiamo continuando a ritirare agli allevatori al prezzo convenuto; chiaro è che se non riusciremo a vendere dovremo pagare meno il latte agli allevatori a danno della filiera. Non vorremmo arrivare a questo punto perché il nostro è un settore importante per questo territorio».

Richiesta per un sostegno reale

La richiesta è quella di un sostegno reale: «Il ministero delle Politiche agricole pare voglia aiutarci per posizionare l’invenduto Dop ma ad oggi nulla di certo, solo intenzioni». La produzione delle Dop Taleggio e Stachitunt è ferma, riprenderà a breve in previsione delle vendite estive che si spera vadano meglio: «Stiamo producendo un formaggio tipo Branzi a più lunga stagionatura ma anche di quello abbiamo già 2.000 forme che dovremo vendere poi - osserva Ravasio - e non sarà facile. Le due aziende di stagionatura in Valle, la nostra Casa Arrigoni e la Casearia Arnoldi, ce la stanno mettendo tutta per vendere ma è venuto meno l’introito certo di Pasqua e manca tutto il turismo della stagione; speriamo nell’estate per sostenere le vendite della Cooperativa Sant’Antonio e dell’azienda Agricola Locatelli. Noi ce la mettiamo tutta, confidiamo in chi vorrà aiutarci». La Cooperativa Sant’Antonio ha attivato la vendita on line con consegne a domicilio: «Abbiamo lavorato tanto per portare gente in Valle - dichiara il presidente della Coop Sant’Antonio, Fabio Arrigoni - e ora ci troviamo ad andare noi da loro. Del resto, se prima vendevamo 60 forme a settimana di Strachitunt ora ne vendiamo una e, se con la vendita on line non faremo i volumi di prima, perlomeno qualcosa si recupera».

Verso la cassa integrazione

L’indotto caseario in Valle conta circa 80 dipendenti: «Il settore è importante per la Valle - conclude Ravasio -. Ad oggi stiamo facendo fare ferie ai dipendenti ma certo è che, se la situazione non si smuove, dovremo passare alla cassa integrazione».

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