Alla montagna serve
anche industria

Non dimentichiamo il manifatturiero. I recenti Stati generali della montagna hanno provato a disegnare alcune strategie per dare vita e futuro alle nostre valli. A pochi giorni dalla loro conclusione, dobbiamo però registrare l’addio di una piccola impresa alla Val Serina. La Lightech di Oltre il Colle, azienda che opera in un settore avanzato come è quello della fibra ottica, già nel 2003 aveva deciso di chiudere bottega ai piedi dell’Alben per concentrarsi su Capriate, dove ha la sede principale.

Ha resistito altri quattordici anni. Questa volta, però, la decisione è presa definitivamente. Parliamo di un’azienda che in Val Serina dà 15 posti di lavoro: pochi se si pensa ai grandi numeri di altre, molti se rapportati alla realtà demografica ed economica di questo spicchio di valle nella valle che si stacca dal letto del Brembo. Il caso della Lightech, peraltro, non è isolato. Le cronache degli ultimi mesi hanno dovuto raccontare altre situazioni simili. La Scaglia Indeva, una delle ultime evoluzioni dello storico gruppo bandiera di quello straordinario pugno d’imprese che lavorano abbarbicate sui pendii di Brembilla, guidata da Stefano Scaglia che da un mese è presidente di Confindustria Bergamo, sta meditando di trasferirsi a Petosino di Sorisole per ampliarsi. Idem per la Daminelli, altra azienda meccanica simbolo della Val Brembilla: ha bisogno di espandersi e la sua nuova casa sarà a Ponte San Pietro.

Capiamoci bene: stiamo parlando delle strategie di aziende che progettano di svilupparsi e che comunque trovano soluzioni sul nostro territorio per continuare il loro percorso di crescita e di lavoro. Quindi, tanto di cappello. Resta il fatto, tuttavia, che la montagna perde, o meglio continua a perdere, pezzi.

È chiaro che la valle soffre di un contesto fisico caratterizzato da condizioni e limiti che rischiano in alcuni casi di diventare quasi invalicabili. Raggiungere gli angoli più remoti della Val Serina è oggettivamente complicato. Trovare nuovi spazi dove allargare le produzioni può essere difficile. Fare impresa è di per sè una sfida. Farla in un ambiente splendido dal punto di vista naturalistico ma problematico sul piano dei servizi è, se possibile, una sfida doppia. Ciò non toglie, tuttavia, che non si può rinunciare ad avere anche il manifatturiero in montagna.

Da anni, peraltro, gli imprenditori, senza mai alzare troppo la voce, da buoni valbrembanini quali sono, fanno la lista delle urgenze. Due su tutte: banda larga ovunque, che consenta di viaggiare veloci con internet nel mondo a tutte le ore, e strade, per far viaggiare veloci persone e merci. L’avvio dei lavori per la Tangenziale Sud nel tratto Treviolo-Paladina è annunciato per settembre. Ma sono anni che la valle, aziende comprese, aspetta quest’opera che dovrebbe rendere più scorrevole il traffico verso Dalmine e quindi l’autostrada. Lo stesso vale per la variante di Zogno: la ripresa del cantiere è annunciata entro aprile 2018 e dovrebbe concludersi in quattordici mesi. Incrociamo le dita: le ruspe iniziarono a lavorare giusto sei anni fa, il 4 luglio del 2011, dopo un’attesa ventennale.

Servono strade virtuali e reali, dunque, e in tempi possibilmente non biblici. E si potrebbe aggiungere anche una politica che favorisca il riutilizzo di siti dismessi, come si è già visto in alcuni casi, ma isolati. Bene quindi il turismo e tutte le idee che su questo fronte sono uscite dagli Stati generali della montagna: la Valle Brembana può dire ancora molto. Ma sarà bene non dimenticarsi del manifatturiero (per coincidenza, sempre oggi parliamo anche della Smi di San Giovanni Bianco, gruppo tra i più significativi in valle che celebra i suoi primi trent’anni di successi). Imprese che, non dimentichiamolo, tengono viva l’economia della valle e danno posti di lavoro: non aspettiamo altri addii per tenercele strette.

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