Banche Popolari: dubbi
crescenti sulla riforma

Negli anni Trenta del secolo scorso, il governo fascista concesse alle banche cattoliche cooperative in crisi, ossia in difficoltà sia di patrimonio sia di redditività – tra cui il Credito Bergamasco, la Banca San Paolo di Brescia, il Credito Romagnolo, la Banca Agricola Milanese, il Banco di San Geminiano e San Prospero – di trasformarsi in società per azioni, come via per il salvataggio.

Al presente, il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, vorrebbe per legge imporre a 10 banche popolari cooperative, non in crisi, di trasformarsi in società per azioni, a motivo che per la dimensione raggiunta: non hanno più lo «spirito» di una società cooperativa; hanno una partecipazione dei soci alle assemblee che non è più rappresentativa del corpo sociale; hanno una autoreferenzialità spiccata nella composizione degli organi sociali. Considerazioni invero per molti aspetti puntuali, ma non tali da giustificare una norma che obblighi i soci a votare una certa deliberazione. Di qui, seri dubbi di costituzionalità del provvedimento, adottato per di più per decreto legge.

Vorrei però fermare la mia attenzione su un altro punto. Io, socio di una cooperativa, se il decreto fosse convertito, sono impedito, di fatto, di votare contro, in assemblea, la trasformazione in spa. Dovrei avere però il diritto pieno di non accettare le norme del conseguente nuovo statuto societario, e quindi di recedere dalla società in trasformazione.

Invece, rendendosi conto dei pericoli per la consistenza patrimoniale insiti nell’esercizio di tale diritto, se fosse esercitato da un numero troppo alto di soci, si pensa di limitarlo. Anche per non determinare la necessità che la società trasformata in spa debba immediatamente deliberare un aumento del capitale sociale, il che sarebbe cagione di turbolenze nel sistema creditizio. Ma obbligare per legge un cittadino, socio di una cooperativa, a divenire socio di una società per azioni mi pare… «esagerato».

Così come mi pare eccessivo il proposito del presidente Renzi di richiedere un voto di fiducia al Parlamento nell’ipotesi di difficoltà a convertire in legge il decreto in discorso. Ciò, nonostante sussistano ragioni di opportunità per sollecitare le maggiori banche popolari a trasformarsi in spa. Sarebbe allora conveniente che il Parlamento deliberasse una norma che suoni da incentivo allo scopo.

Come: le società cooperative, che esercitano attività bancaria, possono, entro cinque anni dall’entrata in vigore della presente legge, trasformarsi in società per azioni, limitando il diritto di recesso dei soci, con delibera dell’assemblea straordinaria che preveda le medesime maggioranze richieste per le modifiche sostanziali dello statuto vigente.

Possono altresì fissare limiti di voto agli azionisti della nuova società per azioni, e indicare maggioranze qualificate per la modifica dello statuto della medesima.

La moral suasion delle autorità di vigilanza farà il resto. Anche perché si potrà fissare il criterio, obbligatorio per tutte le società cooperative, del numero massimo di mandati di consigliere e/o di sindaco per ogni socio.

Le scelte semplici, che risultano logiche, per tradizione riscontrano ampio consenso.

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