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Dove si premia il ritardo

Invece di premiare la puntualità si incoraggiano i ritardi. La galassia Trenord non cessa mai di stupire. Per i pendolari che quotidianamente subiscono i disagi di vetture fatiscenti, e di cronici ritardi, adesso arriva la notizia di un contratto firmato il 22 giugno 2012 che misura la retribuzione dei macchinisti non all’efficienza di guida ma al tempo trascorso in cabina.

Le prime due ore vengono pagate sei euro poi a seguire nove e poi 12. Quindi più il treno impiega tempo più il personale ci guadagna. Fino al 2012, con Trenitalia, ogni ora alla guida del locomotore valeva 10,10 euro. Poi qualcuno ha avuto un’alzata d’ingegno e ha ancorato la retribuzione al minutaggio. Peggio, se il treno arriva in anticipo vengono decurtati 20 centesimi al minuto. Come dire un incentivo al ritardo. Nessuno può provare che qualcuno ci abbia giocato, anche perché la professionalità dei macchinisti è consolidata. Ma la domanda che ci si pone è come sia stato possibile firmare un accordo che va nella direzione opposta al bisogno di combattere la malattia storica del trasporto italiano. C’è voluta la denuncia di due macchinisti al giornale la «Gazzetta di Mantova», per togliere il velo ad un articolo che «può indurre a comportamenti scorretti», parola di amministratore delegato di Trenord Cinzia Farisè.

Ma non era dovere di chi porta la responsabilità dell’azienda porre mano al problema per tempo? Ma dov’erano quei dirigenti che hanno firmato un contratto simile? Tempo è arrivato che qualcuno porti la responsabilità di quello che si fa.Perché il problema italiano è proprio questo: nessuno risponde mai di nulla, tutto si ripete con fatalistica rassegnazione e con la gioia di chi fa danni, Per sapere cos’è Trenord basta arrivare in Italia da Lugano: sino a Chiasso si viaggia sul Tilo, acronimo di Ticino Lombardia: treni puliti, puntuali e silenziosi. Poi, se si ha la sfortuna di non continuare sino a Milano con lo stesso treno, a Chiasso bisogna cambiare e così si entra nel tunnel della fatiscenza. Su un binario laterale, attraverso uno stretto corridoio, si passa dal paradiso dell’efficienza alla sporcizia, anticamera di un servizio negletto. Eppure entriamo in una delle regioni più sviluppate d’Europa, a più grande densità industriale, in una città internazionale che fa tendenza nel mondo. Ma i treni sono di livello infimo, in stridente contrasto con la modernità, con il benessere che la Lombardia genera.

Adesso sembra che si voglia correre ai ripari. La Banca europea per gli investimenti intende finanziare l’acquisto di 18 treni - 12 elettrici e sei diesel - per la rete ferroviaria lombarda. Vi è un piano biennale di rinnovo dei convogli regionali. La sgangherata compagnia di convogli di tutte le età, cause e vittime del degrado quotidiano, dovrà essere sostituita.«L’età media della flotta scenderà a vent’anni e la percentuale finale di mezzi nuovi su quelli esistenti sarà del cinquanta». Sono le parole di Roberto Maroni, presidente della Regione.

Ma non bisogna illudersi. Se quando si viaggia sul Tilo sembra di essere in prima classe, non è perché i treni sono nuovi (qualche annetto l’hanno anche loro) ma perché ben curati. La linea del passante ferroviario Treviglio-Varese ha treni quasi nuovi ma già ridotti in male condizioni. Manca una pulizia sistematica, le indicazioni esterne sui treni sono assenti e occorre sempre chiedere la destinazione, il messaggio elettronico per le fermate va a singhiozzo. I graffiti interni e esterni la fanno da padroni. A suo tempo si erano promesse le telecamere per denunciare chi danneggia. Ma anche questo è rimasto lettera morta. Fin quando non si agisce con coerenza e giusta determinazione sulle cause del degrado, ogni promessa si perde nel vento.

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