Delitto per le slot
Denaro che corrode

Seguire i flussi di denaro per incontrare il crimine. È la tecnica investigativa applicata anche a un ambito che negli ultimi anni ha reso miliardi di euro: il gioco d’azzardo. Ed è in questo ambito che si è consumato il delitto di Zhijun Hu, cinese di 23 anni, titolare della sala slot «Las Vegas» di Albano, trovato morto venerdì mattina nei boschi del paese. La modalità dell’omicidio - con due colpi di pistola e il corpo incaprettato - ha chiarito da subito che si è trattato di un’esecuzione opera di professionisti, non un’azione violenta degenerata per mano di sbandati. Gli inquirenti hanno escluso l’ipotesi della vendetta di un giocatore, magari tra certi poco raccomandabili che frequentano il locale di Albano.

Le modalità dell’omicidio rimandano semmai alle mafie. Le indagini cercheranno di risalire a esecutori e mandanti, ma il tragico fatto è lo spunto per fare luce sui crimini che si consumano intorno a un fenomeno sociale per il quale solo l’ipocrisia ci fa accettare ancora la definizione di «gioco». Come se non bastassero le vite rovinate dall’illusione di ricchezza facile generata dalle slot, le famiglie spezzate e sul lastrico, schiacciate dai debiti e dal gorgo che inghiotte i ludopatici. La somma gigantesca di quelle monetine che a ogni ora del giorno e della notte (il «Las Vegas» di Albano è aperto dalle 10 alle 24 e non ha turni di chiusura) cadono nella bocca delle macchinette nelle 22 mila sale giochi italiane (5 mila delle quali illegali), non potevano restare immuni dagli interessi delle organizzazioni criminali. Secondo un dossier dell’associazione «Libera» infatti 41 clan in tutta Italia si spartiscono il racket del gioco d’azzardo, attività che gli consente di riciclare denaro sporco generato da attività illecite, come lo spaccio di droga, immettendolo in un mercato lecito. Non solo: fra i reati contestati ci sono anche l’usura e l’evasione fiscale, garantita scollegando le slot dalla rete informatica del ministero del Tesoro.

Fa specie pensare che nella torta dei proventi dell’azzardo, una fetta considerevole spetti anche allo Stato, nei panni imbarazzanti di biscazziere. Lo stesso Stato che poi deve garantire la cura dei ludopatici. Nella legge di stabilità 2016 dal «gioco» sono previste entrate per l’erario di un miliardo e 122 milioni, un bottino per alleviare i malandati conti pubblici. Ma le voci che si sono alzate contro questo mercimonio della salute e le campagne di associazioni e Comuni (nel nostro piccolo anche quella de L’Eco per i bar «No slot») hanno indotto la politica a cercare almeno di arginarlo. La stessa legge di stabilità ha garantito provvedimenti in questa direzione, seppur minimi: l’introduzione di una fascia protetta dalle 7 alle 22 per la pubblicità del gioco d’azzardo in televisione; l’innalzamento delle imposte sulla quantità di soldi giocati (dal 13 al 15%) alle slot, abbassando la soglia minima di denaro che torna al vincitore (dal 74 al 70%: cioè per ogni euro immesso, la slot ne restituisce in media 0,70); la riapertura dei termini per la regolarizzazione delle sale non autorizzate che non hanno aderito alla sanatoria del 2015 (4.805 su 7 mila) con la quale lo Stato ha incassato 117,4 milioni di euro; non ci saranno nuove licenze né proroghe ma una gara per il rinnovo delle concessioni di 9 anni per 10 mila agenzie di scommesse e 5 mila corner-slot e videolottery (di cui mille nei bar), prevedendo quindi una riduzione del numero di sale legali da 17 a 15 mila, alle quali vanno aggiunte quelle condonate.

Nella sola Bergamasca sono presenti 7 mila slot, una ogni 165 abitanti. Non tutti i giocatori diventano ludopatici, ma chi lo diventa è una responsabilità per tutti. La piaga delle dipendenze non può essere lasciata ai servizi sanitari o ai centri di recupero, ma interroga prima le nostre comunità. Così come il fatto che il denaro giocato è diventato preda di mafie e di criminali comuni, le «bande delle slot» e gli sbandati attratti dalla liquidità a portata di mano. Anche loro hanno già fatto una vittima: un altro cinese, Leping Zhou, 44 anni, ucciso nella notte del 24 luglio 2010 in via Carducci a Bergamo prima che rincasasse dal suo bar con indosso i sacchetti di monetine, incasso di giornata dei videopoker. Oggi il locale è condotto dalla moglie e dalle figlie, anche in memoria del loro caro. Il delitto è rimasto senza colpevole.

© RIPRODUZIONE RISERVATA