È inutile illudersi
La cannabis fa male

Dopo un parere negativo del Consiglio superiore di sanità, il ministero della Salute ha decretato lo stop alla vendita dei prodotti a base di cannabis «light», vale a dire quei prodotti con il principio attivo Thc inferiore ai limiti di legge, disponibili nei negozi «green» proliferati negli ultimi mesi in tutta Italia e in forte crescita (giro d’affari di oltre 40 milioni di euro). Gli esperti dell’organo di consulenza ministeriale non hanno fatto molta fatica a spiegare che «non può essere esclusa la pericolosità dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa».

Anche perché il limite di Thc previsto dalla legge (0,2-0,6%) «non è trascurabile». I fautori dell’antiproibizionismo grideranno all’oscurantismo ma in realtà si tratta di una scelta saggia fondata su nozioni scientifiche e non, diciamo così, «impressionistiche» o sociali. La percentuale del Thc, che spesso gli spacciatori fanno crescere in laboratorio, è quasi sempre dannosa. Al tempo stesso si può ridurre la quantità di cannabidiolo, sostanza della cannabis naturale, che frena gli effetti psicotici, con le conseguenze che si possono immaginare. Fumare la cannabis fa male, chi sostiene il contrario è disinformato o in malafede. Innanzitutto interferisce con la maturazione degli adolescenti, con problemi cognitivi notevoli a seconda della durata del consumo. Le «canne» creano deficit dell’attenzione e della memorizzazione e quindi dell’apprendimento. Chi ha usato cannabis in età adolescenziale, anni dopo, in età adulta, può perdere fino a otto punti di quoziente intellettivo rispetto a chi non l’ha usata. Inoltre, come è noto, altera la percezione e l’interpretazione della realtà e provoca varie patologie e disturbi della personalità, quali borderline, bipolare, istrionico, schizofrenia, morbo di Parkinson giovanile ecc., riducendo la capacità di autocontrollo, di giudizio e i tempi di reazione.

Di canne non è mai morto nessuno, si dice, ma quanti incidenti stradali o incidenti sul lavoro sono stati provocati dall’uso di cannabis? Per non parlare dell’alterazione del coordinamento psicomotorio, dell’insorgenza di disturbi sessuali, dell’aumento del rischio di schizofrenia. Va anche detto, come sanno tutti gli operatori delle comunità terapeutiche, che in molti soggetti evolve poi in dipendenza da cocaina e eroina. In pratica fa da «ponte» per entrare nel mondo della tossicodipendenza. I fautori del consumo libero della cannabis ultimamente pongono come prova della «bontà» del prodotto il fatto che viene utilizzato in medicina e adoperato con i malati. Ma la cannabis non cura nessuna malattia, quella è una leggenda metropolitana: può solo dare sollievo rispetto a determinati sintomi, ma in prodotti sofisticati, elaborati e controllati dalle case farmaceutiche, ben diversi da quelli che si trovano nel mercato clandestino delle droghe leggere. Niente a che fare con l’attività, diciamo così, «ricreativa» delle «canne».

Lo stesso giorno in cui in Italia il ministro della Salute fermava la diffusione di queste droghe leggere, in Canada il Parlamento approvava la vendita e la coltivazione legale della cannabis, secondo Paese al mondo dopo l’Uruguay. Ma anche in questo caso dobbiamo uscire dalle ipocrisie. Il Canada ha deciso di adottare una politica antiproibizionista per sconfiggere o quanto meno combattere il mercato nero. Ma questa è una tesi tutta da dimostrare, confutata dagli esperti. Quel che è certo è che è un modo per diffondere ancor di più le droghe, magari con la scusa che il 5 per cento degli utili statali verranno destinati alla prevenzione (ma a quel punto ci sarà ben poco da fare in questo campo). Per il resto anche in Canada i fautori della legge si guardano bene dal dire che la cannabis, come sostengono gli antiproibizionisti e i trasgressori più smaccati, sia addirittura un ricostituente. Questa è la verità scientifica sulla cannabis. Tutto il resto è fumo.

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