Europa più forte
Salvini più debole

Domenica la Lega terrà le sue elezioni primarie per la carica di segretario del partito. Solo il Carroccio, oltre al Pd, ha adottato questo sistema democratico per decidere chi deve prendere il timone. Il candidato favorito è naturalmente il segretario federale uscente Matteo Salvini che deve però vedersela con un avversario agguerrito, l’assessore regionale Gianni Fava. Per quanto la sua vittoria sia nell’ordine delle cose prevedibili, Salvini si presenta al giudizio del suo «popolo» abbastanza indebolito. Se all’inizio dell’anno il vento a lui favorevole sembrava impetuoso, con la vittoria di Donald Trump negli Stati Uniti, la Brexit e l’incombente avvento di Marine Le Pen in Francia che avrebbe segnato la disgregazione dell’Unione europea, gli ultimi mesi hanno provveduto a rallentarlo, se non proprio a fermarlo. Ci hanno pensato le elezioni austriache e olandesi prima e soprattutto la schiacciante vittoria di Emmanuel Macron in Francia. Il Front National, benché giunto baldanzoso al ballottaggio è stato sconfitto e ora la sua leader pensa addirittura di cambiare nome e identità al movimento mentre emergono i primi, inevitabili contrasti. Chi non condivideva quella linea politica si è subito fatto sentire con Salvini: «Caro Matteo, come vedi non vale la pena di sostenere certe teorie, così si finisce solo per perdere», ha immediatamente dichiarato Silvio Berlusconi che non ha mai tradito la propria adesione al partito popolare europeo e ha manifestato addirittura stima e simpatia per Macron.

A fare quasi da eco alle parole di Berlusconi, si è fatto sentire anche il governatore della Lombardia Roberto Maroni che non è stato meno tranchant: «Il lepenismo è finito, bisogna prenderne atto», una specie di de profundis per la linea sovranista-populista di Salvini o quantomeno l’invito pressante a cambiare rotta prima di finire nell’angolo. Come Maroni sicuramente la pensa il suo collega veneto Zaia, non a caso qualche tempo fa indicato da Berlusconi come un leader convincente e un interlocutore ideale.

Ce n’è abbastanza per supporre che intorno alla segreteria di Salvini si stia stringendo un cerchio che potrebbe finalmente dare soddisfazione a Umberto Bossi, il patriarca che non ha mai nascosto la propria ostilità al calvinismo – da ultimo anche sul progetto, rivelatosi irrealizzabile, di sfondare al Sud – e che ha ricevuto per questo un trattamento quasi sprezzante. Come del resto sprezzante è stato Salvini nei confronti di Berlusconi, più volte descritto come un vecchio arnese pronto all’inciucio con Renzi e con quelli che il segretario leghista considera come una specie di compagnia della Buona Morte: Cicchitto, Alfano, Verdini, Casini, ecc. Salvini vuole legittimamente il posto di leader della coalizione e non lo nasconde: il suo problema però è che adesso la linea che propugna è più debole.

La Lega insomma sta per essere sospinta verso un diverso approdo. Vedremo se Salvini ne prenderà atto o se invece manterrà le proprie posizioni, magari imponendole con la forza del consenso. Questo esito naturalmente avrà conseguenze sul futuro del centrodestra oltre che, in questa misura, sulla trattativa per la legge elettorale e, di seguito, sul futuro risultato delle urne.

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