Europee, le ricadute
interne verso il voto
Avranno di fronte degli avversari molto indeboliti: le due famiglie politiche tradizionali sono ai minimi, i socialdemocratici rischiano di sparire, tra i popolari si avvantaggeranno l’ala destra dell’ungherese Orban o dell’austriaco Shulz. Il potere della Merkel da tempo è diminuito, la Commissione è trascinata nell’inedia dalla consunzione anche fisica del presidente Junker. Resta Macron, che pure ha i suoi bei guai col consenso interno. E proprio contro Macron l’attacco partirà soprattutto dall’Italia: da Salvini, anzitutto, insieme a Orban. Ma anche dai grillini. Lo stiamo vedendo proprio in queste ore. Il governo giallo-verde italiano è all’avanguardia di questa battaglia contro Bruxelles, è anzi l’esperimento in corso: non può fallire. M5S e Lega faranno di tutto in questi mesi per rastrellare più voti possibili e dimostrare che Roma è un esempio per tutti. In questo Salvini e Di Maio camminano insieme. Salvini ha un partito compatto ai suoi ordini, Di Maio deve fare i conti con malumori interni ma l’obiettivo è comune. Poi c’è una posta tutta interna. Chi sarà, tra leghisti e grillini, ad aggiudicarsi la corona della vittoria? Ricordiamo che alle europee si vota con il sistema proporzionale: un partito vale tanto quanti voti prende da solo. Alle ultime elezioni il M5S quasi doppiava la Lega. Ma dopo soli pochi mesi tutti i sondaggi ci dicono che la situazione è molto cambiata. Oltretutto con una Lega ancora in crescita e un M5S in sofferenza. Il giorno dopo le europee, a livello di maggioranza e di governo - posto che si arrivi a marzo così come siamo adesso - si ridiscute tutto. Anche il presidente del Consiglio, ovviamente. In qualunque sistema politico del mondo (non scandalizziamoci di questo) in una situazione del genere i partiti fanno ricorso a tutti i mezzi per vincere. Ogni argomento di propaganda va bene se porta voti: da questo punto di vista è chiaro che né grillini né i leghisti sono disarmati. E l’opposizione di sinistra è alle corde.
Salvini ha scelto i migranti come grimaldello per far saltare l’Europa («questa» Europa, dice lui). Ogni braccio di ferro con Bruxelles e con i partner è tutto fieno in cascina, ogni polemica con Macron una benedizione, persino le azioni giudiziarie sono «medaglie da mettersi al petto». La sicurezza e la lotta ai clandestini sono i cavalli di battaglia salviniani e non potranno che essere lanciati al galoppo nei prossimi mesi. La campagna ha oltretutto un vantaggio: è una promessa politica che si può attuare a costo zero, senza mettere a rischio i conti dello Stato e litigare con il ministro Tria. I grillini hanno altri scalpi da cacciare: il crollo del ponte di Genova ha offerto loro su un piatto d’argento i concessionari di servizio pubblico, i «prenditori» come li chiama Di Maio. Ma non bisogna dimenticare nemmeno i pensionati «d’oro» e, naturalmente l’Europa e i suoi vincoli: l’annuncio di un sforamento del tetto del 3%, o anche il rifiuto di versare le nostre quote se a Bruxelles non ci danno retta, sono argomenti ottimi sotto il profilo della campagna elettorale. Il capolavoro poi si raggiunge quando arriva l’arcigno commissario tedesco - sulla cui intelligenza si potrebbero nutrire seri dubbi - a ricordarci con accento teutonico che ci multerà se non facciamo i compiti a casa. Ecco dunque cosa ci aspetta fino alla prossima primavera.
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