Generazione global
nella Russia di zar Putin

E’ scoppiato il ’68 in versione russa. La data del suo inizio è il 26 marzo scorso, quando, seguendo l’invito del blogger Aleksej Navalnyj, una marea di adolescenti e giovani scese in piazza in decine di città per protestare contro la corruzione imperante e contro il Cremlino. Il potere ha reagito a modo suo: sono state denunciate repressioni mirate in scuole superiori ed università. «State fuori dalla politica, che è meglio», è il messaggio recapitato da rettori, presidi, insegnanti severi agli studenti irrequieti. Le lunghe vacanze riusciranno a calmare gli spiriti bollenti? Difficile che ciò avvenga.

Come apparso dalla lunga «Linea Diretta» televisiva col capo del Cremlino, due sono i problemi: il Paese è pesantemente impoverito per la crisi; la retorica patriottica sulla «fortezza assediata dai nemici» inizia a stancare.

Se in Europa le generazioni «Erasmus» stanno arrivando al potere scontrandosi con le vecchie concezioni sovraniste dei 60enni e 70enni, in Russia scendono in piazza sia quelle che non hanno mai sancito ad inizio Duemila il patto «meno diritti e democrazia in cambio di stabilità e ricchezza» con Vladimir Putin sia quelle che hanno smesso di guadagnarci qualcosa.

Il detonatore delle proteste è la corruzione. Questa non è più la Russia sovietica del 1991, quando non vi erano benestanti e nessuno sapeva come si vivesse oltrefrontiera. Nelle sterminate province, oggi, i ricchi sono il sindaco, il capo della polizia e l’imprenditore locale «oligarca» con le mani in pasta. Tutto il resto è massa sottopagata.

Già nel 2011 a Volgograd, confrontandoci con i giovani, ci rendemmo conto che il gigante slavo si stava trasformando in un treno in corsa contro un muro. Il sogno dei ragazzi non era costruire qualcosa per il proprio futuro (realizzando le proprie idee o speranze), ma trovare un impiego nei centri commerciali (tra l’altro con salari da fame) o entrare nell’amministrazione, dove girano i soldi, soprattutto quelli sporchi. La realtà non permetteva altro!

In confronto ai terribili anni Novanta vi era stato comunque un progresso: allora un sondaggio rivelava che un’ampia fetta di ragazze sognava di fare la prostituta in valuta e i maschietti di diventare guardie del corpo.

Oggi, grazie ai social media, si è formata in Russia una generazione «globale». Essa non vede prospettive per il proprio futuro, ma rispetto al passato non è disposta a chiudere gli occhi, mentre il figlio del vicino corrotto vive, con modi tracotanti, nell’opulenza più sfrontata. La quotidianità è poi deprimente. Ad esempio, il passaggio dalla scuola superiore all’università è per gli adolescenti un vero elettroshock: se si vuole accedere agli studi più o meno gratuitamente bisogna partecipare ad esami di ingresso opachi e infestati da mazzette.

L’odierna generazione globale russa vuole vivere bene a casa propria ed è pronta a lottare per questo obiettivo. Rispetto al passato, quando il capo villaggio indottrinava le masse secondo le direttive interne, il flusso di informazioni viene adesso dall’esterno e non è controllabile.

Se la crociata contro la corruzione si legherà a doppio filo alla questione giovanile, come sta avvenendo, saranno dolori per Vladimir Putin. La partita è ancor più drammatica se si considera che i giovani istruiti ora protestano civilmente, mentre quelli meno, come testimoniano i fatti ucraini, sono pronti ad andare ovunque a menare le mani.

Non siamo ancora al tempo dell’occupazione di scuole ed università, la cultura locale non lo permette, ma il guanto di sfida agli adulti è stato lanciato.

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