Il senso del male
il ruolo degli adulti

Non è mai facile parlare degli adolescenti in generale, dei loro stili di vita, dei problemi che li riguardano. Ma è ancora più difficile analizzare il profilo di quei ragazzi che si sono resi responsabili di comportamenti perseguibili penalmente. Vicini nel tempo abbiamo la memoria di due eventi drammatici che evidenziano una mentalità comune anche ad alcuni dei nostri ragazzi. Il primo ci parla di quel figlio adolescente di Lavagna che legato all’uso e allo spaccio di sostanze stupefacenti, cosiddette leggere, durante la perquisizione a casa della Guardia di Finanza, si è tolto la vita gettandosi dalla finestra; e di sua madre che per non vederlo distruggersi in un mondo fatto di canne, le ha tentate tutte.

L’ha severamente rimproverato più volte, l’ha controllato, l’ha segnalato per un recupero, l’ha seguito nei suoi giri fino a confidare la sua impotenza ai finanzieri a cui ha aperto la porta di casa. L’altro evento legato alle barbarie con cui degli adolescenti di Vigevano, a più riprese, hanno umiliato, deriso e torturato fisicamente un loro coetaneo, riprendendo e diffondendo come un trofeo la sua sofferenza, secondo la logica del gruppo padrone che può fare quello che vuole a chi è più debole e indifeso. Totale è stato lo stupore dei loro genitori, perché mai avrebbero pensato a tale disumanità da parte dei loro figli. Al centro quindi adolescenti dai comportamenti fortemente devianti e le loro famiglie distrutte dal dolore.I dati della devianza minorile nella nostra provincia, non sono lontani dall’evidenziare non solo un disagio diffuso negli stili di vita di molti adolescenti, ma anche nel mettere in luce la preoccupazione e l’insicurezza delle loro famiglie.

Le cinque criticità, cioè i reati contro il patrimonio, i crimini contro la persona, lo spaccio di sostanze stupefacenti, la violenza di gruppo e l’uso dei social network ai fini di sottomettere i coetanei, evidenziati dai dati dell’anno 2016 sulla criminalità minorile nella Bergamasca suggeriscono alcune riflessioni. Anzitutto il numero significativo dei denunciati, 464, che però mette in evidenza ciò che non vediamo, il sommerso di chi la fa franca o non segnala i torti subiti, per motivi sociali, culturali, famigliari. Inoltre si abbassa l’età delle prime esperienze di uso e di spaccio delle sostanze, con l’aggravante che lo spaccio avviene nei luoghi adiacenti le scuole e in prossimità di strutture aggregative. Manca una formazione dei ragazzi perché riconoscano il disvalore del male vissuto e arrecato, dentro la logica del «farla franca» dell’«impunità», del «cosa c’è di male tanto lo fanno tutti». C’è la sottovalutazione da parte degli adulti della gravità dei gesti compiuti dai ragazzi, etichettando i loro comportamenti come «ragazzate» o «scherzi da ragazzi». Manca una cultura della corresponsabilità, quando di fronte al gruppo deviante, chi guarda non reagisce, non critica, non si dissocia. Soprattutto oggi i ragazzi vanno ascoltati e noi adulti dobbiamo far emergere la cultura dei valori che non va solo dichiarata ma vissuta con loro.

Riaffermiamo che le sostanze stupefacenti, ma anche l’uso di alcolici, fanno male e non rendono protagonisti, chi le usa, del tempo libero e del giusto divertimento. Aiutiamo gli adolescenti a mettere da parte il cellulare e a non essere perennemente collegati tramite WhatsApp, Facebook o Instagram ma a vivere le relazioni vere parlandosi e incontrandosi. Nelle difficoltà stimoliamo i ragazzi a superare la vergogna di chiedere aiuto e di parlare di ciò che accade. Infine recuperiamo, anche in adolescenza, la possibilità del servizio verso chi è più svantaggiato o emarginato. Penso sia questo uno dei valori che più aiuta a crescere. Essere protagonisti della propria adolescenza sta soprattutto nel fatto di avere a cuore le ferite dell’umano che ci circonda di cui anche gli adolescenti fanno parte.

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