Il tabù infranto
dei 5 Stelle di Torino

Il Comune di Torino ha vietato la vendita di alcolici da asporto nelle ore notturne sino alle sei di mattina. È una decisione in controtendenza. Finora si è pensato di lasciar correre. Il Sessantotto ha quasi cinquant’anni ma per molti ancor oggi essere democratici vuol dire non imporre veti e quindi non far rispettare regole. Abbiamo una legge apposita che punisce chi butta un mozzicone di sigaretta anche con 800 euro di multa, ma le cicche continuano imperturbate a popolare, strade cittadine, banchine ferroviarie e spiagge brulicanti di bagnanti. La scelta dell’amministrazione comunale è quindi benvenuta e forse può rappresentare un’inversione nei comportamenti pubblici.

Torino, si sa, fa storia a sé, qui anche i movimenti barricadieri si misurano con il senso istituzionale che segna la storia della città che fu di Cavour ma anche di Gobetti e di Gramsci. Chiara Appendino è un sindaco che viene per estrazione dalla classe dirigente della città ed è quindi portatrice del senso di responsabilità di governo. Ma il segnale è importante perché viene da un’ amministrazione rappresentante di quei ceti sociali che fanno del movimentismo la loro vocazione civile ed hanno come bersaglio preferito i decisori politici, cioè tutti quelli che per dovere professionale devono fare delle scelte. Può essere che la scelta faccia perdere appoggi al primo cittadino da parte del vecchio elettorato, ma è certo che ne acquista di nuovi.

La movida si muove sull’onda dell’edonismo e riesce a trovare il suo corroborante emotivo nella trasgressione. I dati dell’osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze dicono che le acque di scarico di decine di città europee presentano in misura crescente tracce di droga. Milano è al 18° posto in Europa per consumo di cocaina . I test condotti dall’istituto ricerche farmacologiche Mario Negri rivelano che ogni giorno vengono consumati 306,6 milligrammi di droga per ogni mille persone. Il fenomeno è ormai così diffuso da indurre i politici ad arrendersi. O non se ne parla e si fa finta che il problema non esista, oppure si discute liberamente di legalizzazione del consumo di droga. Paesi come l’Olanda l’hanno fatto e anche Stati in Usa, come il Colorado, hanno cercato di gestire pragmaticamente il fenomeno. Se un giovane considera l’uso di stupefacenti come una sorta di prova di iniziazione che segna l’accesso alla sua età matura è un evidente segno di sconfitta. Vuol dire che la società non è in grado di offrire qualcosa di meglio. Anziché parlare di questi temi e affrontare le verità amare del nostro vivere sociale la politica e l’opinione pubblica preferiscono non decidere e nascondersi dietro l’alibi della tutela delle libertà individuali.

Quella che una volta era la festa di popolo si sta trasformando in una sorta di sballo collettivo, quasi a voler rimarcare il desiderio di oblio, di annegare nell’alcol e negli stupefacenti la responsabilità del vivere, la dignità del sacrificio, dell’impegno, della rinuncia. Dovrebbero essere queste le scelte di battaglia di una sinistra che per definizione sta dalla parte dei deboli. Ecco, Chiara Appendino ha rotto il tabù. Il Paese ha bisogno di una scossa, e sono i giovani per primi a ricercare regole che diano loro una prospettiva. Qualcosa che misuri la dimensione del loro impegno e quindi permetta loro di sapere che se faticano non sarà inutile . Una cosa è certa: uscire dalla rassegnazione, dall’oblio dello sballo di massa è la pre-condizione esistenziale per dare dignità al nostro vivere. Non va dimenticato che il terrorismo trova le sue radici nel nichilismo delle periferie di troppe città d’occidente.

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