La classe operaia
è andata in pensione

La classe operaia è andata in pensione. Nel rapporto annuale 2017 l’Istat ci restituisce una fotografia della società italiana completamente diversa rispetto alla classificazione tradizionale. Se «Mimì Metallurgico» ha lasciato da un pezzo la catena di montaggio, anche il suo «alter ego» sociale Fantozzi è in via di estinzione. Il ceto medio infatti è una categoria poco indicativa dei rivolgimenti della società dell’epoca della globalizzazione che stiamo vivendo. Le classi sociali hanno perso il senso di appartenenza degli anni ’60 e ’70, che a quel tempo era fortissimo e la cui proiezione durava fino a poco tempo fa.

Il «dimmi che lavoro fai e ti dirò chi sei» non vale più. Per capire la nuova Italia l’Istat traccia un’originale mappa in base al reddito, al titolo di studio e alla cittadinanza composto da nove gruppi: i giovani colletti blu (in pratica i nuovi proletari, peraltro senza prole), le famiglie a basso reddito di italiani e stranieri, eredi della classe operaia, le famiglie di operai e impiegati in pensione, che se la passano meglio, le famiglie di provincia, in cui confluisce la piccola borghesia, le anziane sole e i giovani disoccupati e i benestanti delle pensioni d’argento.

La classificazione in base al rapporto coi mezzi di produzione e al lavoro svolto (come avveniva con la classe operaia) o attraverso il contesto lavorativo, le professioni e lo stile di vita (il ceto medio) non serve più a fotografare e a capire questo nostro Paese. Un’altra amara constatazione è che l’ascensore sociale è bloccato: a diventare dirigenti sono i figli dei dirigenti, i neo laureati sono figli di laureati, i giovani imprenditori sono figli di imprenditori. Come scrive provocatoriamente l’economista Thomas Piketty, in quest’epoca in cui la rendita prevale sul reddito, per arricchirsi più che una buona professione è molto meglio un buon matrimonio. Il lavoro inoltre si polarizza: scompaiono le professioni intermedie, aumentano i lavori non qualificati, si riducono operai e artigiani.

Una delle fasce di reddito medio classificate dall’Istat è costituito dalle famiglie degli operai in pensione (oltre dieci milioni di persone). Come detto il gruppo più svantaggiato economicamente è quello delle famiglie a basso reddito (1.600 euro mensili) con stranieri (1,8 milioni pari a 4,7 milioni di persone); seguono le famiglie a basso reddito di soli italiani (1,9 milioni che comprendono 8,3 milioni di soggetti), le meno numerose «famiglie tradizionali della provincia» e il gruppo che riunisce insieme «anziane sole e giovani disoccupati». Tra i benestanti (3.000 euro di reddito mensile) oltre alle famiglie di impiegati, vanno annoverate le cosiddette «pensioni d’argento» (2,4 milioni di famiglie, 5,2 milioni di persone), specchio della nuova composizione anagrafica di questo Paese sempre più vecchio. Anche la struttura familiare è cambiata: il capofamiglia spesso è un anziano che mantiene tutto il resto della famiglia.

Interi segmenti di popolazione «non rientrano più nelle classiche partizioni». I giovani con un titolo di studio elevato fino a poco tempo fa erano incardinati in carriere professionali di alto livello e alto reddito. Oggi sono occupati in modo precario. Secondo l’Istituto la classe media impiegatizia è invece ben rappresentabile nella società italiana, ricadendo per l’83,5 per cento nelle «famiglie di impiegati». In quattro casi su dieci il capofamiglia è una donna. Infine la povertà assoluta: per l’Istat riguarda 1,6 milioni di persone, il 6,1 per cento di chi vive in Italia. Negli ultimi 12 mesi il 6,5 per cento della popolazione ha rinunciato a una visita specialistica per mancanza di denaro. La situazione giovanile è sconfortante. Nell’ultimo decennio l’Italia ha perso 1,1, milioni di giovani tra i 18 e i 34 anni. Al primo gennaio del 1917 la quota di ultra sessantacinquenni ha raggiunto il 22 per cento della popolazione, quasi un italiano su cinque, rendendo l’Italia il Paese più vecchio d’Europa. Inutile ricordare che nel 2016 si è registrato il nuovo minimo delle nascite, nonostante gli stranieri, che sono arrivati a più di cinque milioni, prevalentemente insediati nel Centro-Nord. Le forti difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro fa sì che il 70 per cento degli under 35 vive ancora con i genitori. Qualcuno vuol fare qualcosa?

© RIPRODUZIONE RISERVATA