La Democrazia
diretta, o quasi

Negli ultimi anni sono cresciuti alcuni movimenti orientati a sostituire il sistema democratico rappresentativo con forme di democrazia diretta, per le quali il popolo non deve ricoprire solo il ruolo di elettore, ma anche quello di legislatore e amministratore. Soluzione, peraltro, di assai difficile attuazione in società democratiche moderne, dove lo Stato si fonda sulla separazione dei poteri e dove gran parte della popolazione non partecipa attivamente alla politica. Non a caso, tutte le esperienze di democrazia diretta che si sono succedute nella storia - partendo da quella di Pericle nell’antica Grecia o dei Comuni italiani in epoca medievale, fino ai casi legati alla Rivoluzione francese - alla prova dei fatti hanno avuto vita breve. Da quando, però, internet e le varie comunità «social» sono diventati un luogo di incontro e di partecipazione, non pochi hanno ritenuto che la rete, utilizzata quale strumento di partecipazione politica, potesse creare le condizioni per l’attuazione della democrazia diretta.

Tra le esperienze di democrazia diretta più significative degli ultimi anni ritroviamo quelle del Partito pirata (Svezia 2006), del movimento Occupy Wall Street (Usa 2011) e di Podemos in Spagna. In Italia questa originale sperimentazione politica ha rappresentato il cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle che, riuscendo positivamente a coinvolgere molti cittadini colpiti dalla crisi economica e delusi dalla politica, è cresciuto in 10 anni fino a raggiungere gli 11 milioni di voti lo scorso 4 marzo. A questo enorme successo popolare è seguito l’accordo di governo con la Lega che, vissuto con qualche diffidenza all’interno del Movimento, sta mettendo in crisi gli originali principi di democrazia diretta. Non può ritenersi, infatti, un’espressione di democrazia diretta la circostanza che solo 40.000 iscritti, su 11 milioni di elettori che hanno votato il programma del Movimento, abbiano approvato il contratto di governo concordato con la Lega. Nei prossimi mesi, inoltre, il Movimento, attraverso i circa 500 deputati e senatori eletti, dovrà farsi garante in Parlamento verso gli elettori dell’attuazione di quel contratto, come è richiesto da ogni democrazia rappresentativa.

Del resto, è già successo in Europa che alcuni autorevoli sostenitori di forme di democrazia diretta, preoccupati di gestire pericolose derive populistiche, abbiano deciso di ridimensionare le iniziali esperienze con interventi di democrazia rappresentativa. Il caso più emblematico è quello degli esponenti del Partito pirata tedesco, che hanno creato il «LiquidFeedback», una piattaforma studiata per raccogliere opinioni condivise all’interno di una comunità secondo i principi della «democrazia liquida», che include contemporaneamente i concetti di democrazia diretta e rappresentativa. Va tenuto conto, peraltro, che molte democrazie rappresentative europee, ricorrendo ai referendum propositivi hanno dato largo spazio, da tempo, a fondamentali interventi di democrazia diretta.

Si è molto parlato nei giorni scorsi della vicina Repubblica federale democratica svizzera, ove il popolo ha mostrato equilibrio e senso di responsabilità in occasione dei referendum sull’abolizione del canone televisivo e sulla riforma strutturale del sistema bancario, bocciandoli entrambi a larga maggioranza. Queste esperienze sembrano essere state prese a modello dal neo ministro per i Rapporti con il Parlamento e la Democrazia diretta, il grillino Fraccaro. In una recente intervista al Foglio ha, tra l’altro, dichiarato: «I referendum consentono una responsabilizzazione dei soggetti politici ed istituzionali e un accrescimento del capitale sociale». E ancora: «Il nostro obiettivo è quello di portare l’Italia al livello delle democrazie più avanzate che integrano in sé democrazia diretta e rappresentativa». Uno scenario politico assai diverso, quindi, rispetto a quello in cui si ipotizzava il trionfo della democrazia diretta attraverso l’esclusivo utilizzo della rete.

© RIPRODUZIONE RISERVATA