La qualità etica
e spirituale della vita

Non solo gli esperimenti in laboratorio che sollevano problemi morali ed etici circa la vita umana. La bioetica ha una dimensione globale che deve inquietare le coscienze nell’analisi sulla vita umana «fragile e malata, ferita, offesa, avvilita, emarginata e scartata». Papa Francesco ha aperto ieri mattina i lavori dell’Assemblea generale della Pontificia Accademia per la vita con una riflessione sulla «qualità etica e spirituale» della vita in tutte le sue fasi, dal quella «concepita» a quella «in gestazione» a quella «venuta alla luce» a quella «adolescente, adulta, invecchiata e consumata», denunciando il «lavoro sporco della morte», altrettanto globale.

Bergoglio è andato oltre i confini troppo angusti entro i quali la bioetica è stata infilata in questi anni dalle polemiche e dal contrappunto laici versus cattolici. Ieri mattina con un discorso agli scienziati di tutto il mondo che fanno parte della Accademia pontificia, ha messo in fila le colpe di tutti sulla mancata difesa della vita. E non solo quelle degli apprendisti stregoni che vogliono stravolgerla nei laboratori, ma le responsabilità collettive che stravolgono la vita umana e che si mettono di traverso sulla sua difesa. Ha usato parole severe. Quando la dignità della vita umana viene stravolta? La risposta di Francesco è perfetta e il Papa l’inchioda sulle coscienze di ogni governante e di ogni cittadino del mondo: «Quando consegniamo i bambini alla privazione, i poveri alla fame, i perseguitati alla guerra, i vecchi all’abbandono».

Insomma giova molto poco conoscere nei dettagli ogni aspetto degli organismi viventi, giova molto poco indagare sui limiti delle manovre meccaniche o chimiche o fisiche per allungarle e per lucidare benessere, se poi si tradisce il senso complessivo della difesa della vita e non ci si occupa dei contesti sociali e globali, diventati un’ingovernabile frontiera dove economia, inquinamento, rapina delle risorse, sfruttamento del lavoro, violenza, malattie, povertà e ingiustizie sbaragliano la vita umana e la rendono sterile, cioè poco o per nulla generativa. C’è altro oltre le questioni, sicuramente dolorose, connesse ai confini della genetica, alle neuroscienze, all’intelligenza artificiale. E si tratta di questioni che comportano una grande responsabilità per tutti e non solo per coloro che manipolano geni in laboratori misteriosi. Sulla vita ancora manca una consapevolezza globale, come invece sta avvenendo, seppur a fatica, per la cosiddetta «casa comune».

Il Papa lo ha già scritto nella «Laudato si’», che solo una lettera parziale e vagamente ideologica può definire «un’enciclica verde». C’è infatti un’ecologia della vita umana che il mondo ancora non avverte. La riflessione dei prossimi cinque giorni della Pontificia Accademia è proprio dedicata a questa sfida, dove poco si fa per pigrizia, per indifferenza, forse per paura, sicuramente per ignavia. La Chiesa sta in prima fila e non può essere altrimenti per «una Chiesa in uscita», come ripete Francesco, che deve portare le questioni a livello di dibattito e di confronto globale. D’altra parte la «bioetica» è una scienza che incontra tutte le altre dalla filosofia alla meccanica e che si pone come unico «limes» il futuro di una vita più buona e soprattutto più degna, dove nessuno ha la patente in tasca del dominio sull’altro e su ciò che Dio ha creato. Il Papa ha avvisato che la difesa della vita deve essere «chiara, ferma e appassionata» dall’ «innocente che non è nato» alla «vita dei poveri che sono già nati». Ha usato una frase meravigliosa: «La vita dell’uomo bella da incantare e fragile da morire». Per questo che va protetta, sempre e non solo se conviene.

© RIPRODUZIONE RISERVATA