Le foto dei figli
e l’orrore del web

Non mettiamo in Rete le foto dei nostri figli, anche se può sembrarci l’operazione più innocente di questo mondo. La ragione è semplice quanto inquietante: le foto potrebbero finire sotto gli occhi dei pedofili. Il Web è tutto tranne che un posto sicuro, anche se ci pare lontano e pronto a scomparire spegnendo il pc. Non è affatto così. A lanciare l’allarme è il garante della Privacy Antonello Soro, nella relazione annuale presentata ieri al Parlamento alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e della presidente della Camera Laura Boldrini. Un fenomeno inquietante quello della pedopornografia: due milioni di immagini censite in Rete, il doppio rispetto all’anno scorso, una piaga che cresce a un ritmo quasi esponenziale.

Devono essere i genitori i primi a vigilare sulla privacy dei propri figli. Sono proprio loro, che postano involontariamente di tutto sui social network. Una volta c’erano gli album delle foto stampate, che finivano nei cassetti e si tiravano fuori nelle visite dei parenti o degli amici. E anche se i genitori le prestavano a qualcuno, sapevamo che erano in mani sicure. Oggi si posta tutto in Rete, non c’è bisogno di scambiarsi nulla, le immagini viaggiano con un clic da un parente all’altro, da un amico all’altro, in un soffio. Si chiama condivisione, un fenomeno che è il segno del nostro tempo, come i selfie. Ma poi restano lì, nell’enorme bacino dei social network e c’è chi ne approfitta per rubarle.

È stato lo stesso garante della Privacy a spiegare come la Rete sia un po’ come la strada, utile o pericolosa allo stesso tempo a seconda delle circostanze e di chi la frequenta.«L’assenza di limiti, propria della Rete, ha offerto infinite potenzialità di crescita e conoscenza, alle quali meno frequentemente si è accompagnato un corrispondente esercizio di consapevolezza e responsabilità», spiega Soro davanti al capo dello Stato. Che aggiunge: «Se sul Web la libertà si esprime in ogni sua potenzialità anche la violenza, specularmente, non conosce limiti. Dalla violenza verbale da parte di chi, in Rete, supera ogni freno inibitorio erroneamente confidando nell’anonimato fino all’estremo dell’esibizione online di atti omicidi, da parte dei loro stessi autori, in un crescendo di lucidissima follia». Davvero inquietante.

Le foto sottratte viaggiano in quelle fogne sotterranee che sono i canali del «Dark Web» il lato oscuro di Internet. Si tratta di una vera e propria Rete parallela e irraggiungibile da una normale connessione, in cui non si è identificati e dove non rimangono tracce. Per navigarci dentro servono dei software particolari che fanno da ponte tra i siti e Internet. In pratica una «no man’s land», una terra di nessuno digitale, un mare oscuro dove si trova di tutto. E infatti viene usata da terroristi e criminali di ogni specie, pedofili compresi, che possono viaggiare sotto copertura e in perfetto anonimato. La legge non può fare molto per contrastare questo fenomeno perché in Italia esistono già delle norme protettive molto rigorose per la tutela dell’infanzia e servizi di Polizia postale molto efficienti. Il problema siamo noi genitori. Un pedofilo potrebbe facilmente utilizzare le foto dei nostri figli per poi adescarli spacciandosi lui stesso per minore al fine di attirarli nella trappola. Del resto in Francia sono già previste delle sanzioni verso i genitori che postano foto dei loro figli minori.

Dunque non resta che tenersi per sé le foto dei figli, al massimo lasciarle dentro la memoria dei nostri Pc e dei nostri telefonini (ma anche in questo caso sarebbe bene metterle al sicuro per evitare che finiscano in mani sconosciute in caso di furto) e naturalmente vigilare sull’attività dei nostri figli in Rete, oramai coinvolti nei social network fin dalle scuole medie, anche per evitare fenomeni di cyberbullismo e addirittura casi estremi come «Blue whale». Con la Rete, insomma, non si scherza. Non è un gioco. È vita vera. Anche se sta su uno schermo.

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