Le Messe d’estate
Rompiamo gli schemi

I mesi estivi segnano tutto con i loro ritmi e le loro abitudini. Segnano anche le liturgie, le Messe soprattutto. Durante il mese di agosto, in particolare, la gente va in vacanza e le messe cambiano radicalmente aspetto. Nella città e nei paesi della pianura, le presenze «normali» collassano. Mentre nei paesi di villeggiatura, soprattutto di montagna, si gonfiano. La Messa che si celebra durante tutto l’anno, normalmente affollata, in una grossa parrocchia, dà vistosamente l’idea di una «assemblea» (come noto, il termine greco da cui deriva il nostro «chiesa» significa, appunto, «assemblea»).

In queste settimane, a quella stessa Messa, si ritrova un gruppo di gente che non ha più la fisionomia di una assemblea e che, nello stesso tempo, non arriva a conoscersi meglio solo perché è meno affollata. Anzi il gruppo si sente smarrito e proprio per questo canta di meno e risponde di meno: è meno gruppo e la Messa, se è consentito un gioco di parole, è dimessa, quasi mortificata.

Nei paesi di villeggiatura, invece, è il contrario. Normalmente, la Messa di una comunità piccola o media è un evento di poca gente che normalmente si conosce. Con l’arrivo della stagione estiva, e quindi con l’afflusso di molta gente da fuori, aumenta l’anonimato e l’assemblea, di conseguenza, cambia volto. Bisognerebbe essere degli psicologi di fenomeni di massa per capire qualcosa di come ci si sente dentro una comunità grande diventata piccola o, viceversa, in una comunità piccola diventata grande. È certo comunque che cambia la percezione. Ci si sente «diversi» da prima. Naturalmente, sentendosi diversi, si ha anche una diversa percezione della realtà che, in quel momento, si intende vivere: la Chiesa e l’eucarestia. Chissà come queste «sensazioni» contribuiranno poi a elaborare il complessivo senso di Chiesa che ognuno di noi ha. Cose che non si ha il tempo e le forze per studiare. Ma che certamente hanno il loro peso. Con una conseguenza importante: molta parte del nostro modo di vedere la Chiesa ci viene distillato senza che noi lo decidiamo.

In questi ribaltamenti di immagine e di sensazioni nasce un problema terra terra, ma importante. Le comunità spopolate sono spopolate anche di quei collaboratori che assicurano lungo l’anno la qualità della celebrazione eucaristica: lettori, cantori, chierichetti, organisti, suonatori di chitarra, animatori vari. Se ne vanno tutti e se ne vanno anche loro. E le Messe, povere di «clienti», diventano anche povere di stile.

Da parte loro, le Messe dei paesi che si ripopolano per le attività turistiche non vedono automaticamente aumentare, con il numero dei frequentatori, anche il numero degli animatori. Chi fa il lettore nella sua parrocchia di origine non sempre fa il lettore nella parrocchia di adozione durante l’estate. Così la povertà delle parrocchie di partenza non diventa immediatamente ricchezza delle parrocchie di arrivo. Diciamolo in altri termini: mediamente tutte le Messe estive, quelle dove si vive e quelle dove si fanno le vacanze, rischiano di essere spesso povere, e qualche volta decisamente brutte, in montagna e al mare, nei paesi e in città.

Ora, la Chiesa, come tutti ripetono, è prevalentemente locale. La parrocchia è l’espressione esemplare di questo «localismo» ecclesiale: la mia parrocchia è quella dove abito (con sempre più numerose eccezioni, per la verità, nei grossi centri, soprattutto). Solo che la Chiesa, legata così al territorio, fatica ad adattarsi quando il territorio cambia e soprattutto quando cambia repentinamente, come durante i mesi estivi. Visto che ci siamo dentro, possiamo usare un’immagine da Olimpiadi. La Chiesa locale è abituata a correre i 10.000 metri. Di tanto in tanto, le si chiede di fare almeno i 1.500. Ma non ce la fa: non ha il fiato giusto.

Così ancora una volta, viene a galla un’antica, spesso ripetuta verità. La Chiesa è una buona Chiesa non quando offre gli schemi di sempre dappertutto, ma quando sa adattarsi, con un pizzico di fantasia, agli schemi inediti che le vengono richiesti.

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