Leicester, il sogno
dei tifosi atalantini

Meglio un anno da volpe che cento da pecora nel gregge di una classifica anonima. All’indomani della conquista del titolo d’Inghilterra tutto il mondo accarezza la favola delle Foxes di Claudio Ranieri.

Dall’America («l’exploit sportivo più sorprendente di tutti i tempi», ha scritto il New York Times) ai social network (il tweet del Leicester, 5 milioni e mezzo di cinguettii, ha stabilito il record mondiale di retweet, una catena di condivisioni inarrestabile) tutti si sono innamorati della squadra di retroguardia che doveva retrocedere (stando ai pronostici) e invece ha dominato i club più blasonati, formazioni costate dieci volte più dei 31 milioni del Leicester. E ha spiazzato i bookmakers che a inizio stagione avevano quotato 5.000 a 1 la vittoria finale delle Volpi: quei pochi temerari che ci avevano scommesso (più che creduto) ora sono «nababbi», Sky Bet ha dovuto pagare una somma totale da record di 4,6 milioni di sterline (quasi 5,9 milioni di euro).

«Fede, ottimismo e romanticismo: il Leicester ci ha restituito tutto quello che amiamo del calcio», ha commentato il Sun. È la poesia dello sport, non possiamo farne a meno. L’altra faccia della medaglia è più prosaica: è il sentimento popolare, uguale ad ogni latitudine, che non ama i potenti (spesso invidia i loro lussi e privilegi ma non loro stessi) ed è pronto a tributare la standing ovation al Robin Hood di turno (eroe che piace tanto a Ranieri), capace di dare scacco matto. Con armi inferiori, cogliendoli di sorpresa. Il tecnico romano e il suo Leicester hanno detto al mondo, con il cuore e l’organizzazione (non senza qualche buon piede, ovvio), che il riscatto dei «piccoli» è ancora possibile in un’epoca che spingeva alla rassegnazione, schiacciata dallo strapotere di Londra e Manchester, di Barcellona e Madrid, di Monaco di Baviera e di Parigi, per non dire della Torino juventina.

Ecco, avviciniamoci a casa. Perché pure i tifosi atalantini si sono appassionati all’impresa del Leicester. Si racconta di bergamaschi volati in Inghilterra a toccare con mano. Le Foxes riscuotono applausi anche sul sito internet del nostro giornale. Una voce su tutte arriva da quel sostenitore che vorrebbe «un anno da Leicester prima di morire». L’Atalanta come la Sampdoria del 1990/91, il Verona del 1984/85, il Cagliari del 1969/70 (e fermiamoci qui). La società nerazzurra meriterebbe un anno da volpe per coronare una storia ultracentenaria nobilissima, mai scudettata ma attraversata da tanti campioni. E la piazza di Bergamo sarebbe all’altezza, distinguendosi per una passione che non è seconda a nessuno nella provincia italiana. Alzi la mano chi non pagherebbe per provare un’emozione del genere. Roba da infarto. Sognare non costa nulla. Sognare si deve per dare slancio alla propria vita («Grazie mister, hai dimostrato che non si deve mai smettere di sognare», il messaggio di Gigi Buffon a Ranieri).

Ma il confronto con il Leicester mostra subito delle discrepanze. Finta piccola, non ha un budget risicato e assomiglia più al Sassuolo di Giorgio Squinzi (imprenditore nato, pensa un po’, a Cisano Bergamasco, leader di Confindustria), uno che potrebbe osare. Ad Antonio Percassi, presidente dell’Atalanta, le idee non sono mai mancate ma questa di un anno da Leicester prima di morire è una pazza idea. Essendo fantasioso ma anche realista, al massimo se l’è sognata di notte. Tra l’altro in Italia, a differenza dell’Inghilterra, il divario tra i diritti tv percepiti dai club più vincenti e più seguiti e gli altri è ampio, quindi la distribuzione dei soldi penalizza società come l’Atalanta. Una cosa è certa: Ranieri (ex perdente di successo diventato re) e i suoi ragazzi hanno mosso le acque, hanno suonato una riscossa. Ogni tanto vincono i romantici, purché siano svelti di pensiero come le volpi.

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