Lo scontro nel governo tocca anche la
scuola. E le Regioni fanno da sole

C’è un filo neanche tanto nascosto che lega la strisciante crisi politica dell’agonizzante governo . Conte-due e il caos che sta avviluppando e soffocando la scuola italiana. Paralizzato dai contrasti tra i partiti della maggioranza, il Governo è in un’evidente situazione di stallo, tant’è che pare non sia ancora pronta la bozza che pure si aspetta da settimane del Recovery Plan da portare al Consiglio dei ministri di oggi, se mai sarà convocato. Ma questa è una faccenda di cui l’opinione pubblica più vasta non è ancora pienamente avvertita: quello che invece le famiglie vedono perfettamente è l’insieme confuso di decisioni stentate, contraddittorie, compromissorie, spesso incomprensibili che riguardano proprio le scuole. Con il governo che non solo è diviso al suo interno su quando autorizzare le lezioni in presenza ma poi litiga con i governatori che alla fine decidono di fare ognuno come gli pare.

Tale per cui un gruppo di Regioni ha deciso di prolungare la didattica a distanza almeno fino alla fine di gennaio, un altro gruppo deve ancora pronunciarsi e infine un terzo manipolo intende seguire le indicazioni del governo.

La ministra dell’Istruzione Azzolina - peraltro in bilico sulla sua poltrona - avrebbe voluto una riapertura generalizzata già per domani (quando comunque riprenderà la didattica a distanza) ma il «fronte della fermezza» costituito dai ministri Speranza e Franceschini dopo ore di discussione ha strappato un rinvio all’11 gennaio, salvo poi vedere che, dal Veneto al Friuli a tutte le Regioni a guida centrodestra, i governatori ignorano il governo e scelgono, con il contagio che non rallenta ma anzi minaccia di accelerare, di non correre il rischio di dover richiudere le scuole appena riaperte.

In mezzo, come presi in trappola, ci sono presidi, insegnanti, genitori e studenti sempre più sconcertati che non sanno come regolarsi e che non vedono attuate le misure straordinarie promesse, per esempio, per rendere i trasporti pubblici meno pericolosi per la trasmissione del virus tra gli studenti. In buona parte dell’Italia, diciamo da Roma in giù, gli studenti viaggiano su autobus e metropolitane vecchi e super affollati: è stato promesso di noleggiare mezzi privati, peccato che dei soldi stanziati dal Mit ancora non sia stata spesa che una parte, peraltro piuttosto piccola. Senza contare che venerdì ci sarà un altro punto di verifica da parte dell’Istituto di sanità e del Cts che stabiliranno, con i nuovi e più rigidi criteri sui colori delle regioni, quali saranno le nuove regole per tutti noi nelle prossime settimane, e questo fatalmente complicherà la vita scolastica.

Non che negli altri Paesi manchino incertezze, contraddizioni e polemiche, ma certo da noi la situazione è molto complicata, come dicevamo più sopra, dalla crisi politica che agita la vita del governo e della maggioranza.

Non si sa che fine farà Conte, né fino a dove si spingerà l’offensiva di Renzi, né tantomeno se la situazione potrà davvero essere «pilotata» come spera Mattarella verso una nuova versione di questo stesso governo: nuovi ministri, nuova spartizione del potere del sottogoverno e pesanti ritocchi al programma. Certo in caso di rimpasto sarà difficile per Renzi giustificare il pandemonio che ha scatenato con qualche poltrona in più per Italia Viva: nel pieno della pandemia, con un Paese in crisi economica e finanziaria, il vecchio gioco di palazzo che dopo mille ricatti, minacce, avvertimenti, tradimenti e doppi giochi finisce con una redistribuzione delle poltrone potrebbe davvero essere insopportabile per un’opinione pubblica già fiaccata da un anno di peripezie.

© RIPRODUZIONE RISERVATA