Manifesto di Mattarella
nell’Italia smarrita

Nei suoi interventi a Pieve Tesino e al Meeting di Rimini, Sergio Mattarella si è finalmente come rivelato ad una opinione pubblica che, abituata ad un maggiore protagonismo politico e mediatico dell’inquilino del Quirinale, forse non ha ancora ben inquadrato lo stile con cui il capo dello Stato ha intenzione di svolgere il suo compito.

Mattarella in queste due occasioni ha come steso una sorta di «manifesto» della sua presidenza indicando al Paese, lui che è il garante dell’unità nazionale, i valori sui quali bisogna poggiare per superare le tante crisi che affliggono le nostre giornate. Europa, emergenza umanitaria, sfida terroristica, crisi economica sono i capitoli di questo invito alla riflessione collettiva che si va via via sviluppando. Tutti temi che si intrecciano tra loro, che sono profondamente interdipendenti e che devono essere valutati nella complessità del mondo moderno.

L’Europa, innanzitutto. Non a caso Mattarella ha parlato da un luogo degasperiano: la lezione dello statista italiano più rilevante del secolo scorso va colta innanzitutto a partire dalla sua idea di Europa. Allora uomini come Alcide De Gasperi, Adenauer, Schumann - tutti politici di ispirazione cristiana - intuirono che nazioni che si erano massacrate vicendevolmente per secoli, avrebbero avuto un futuro solo accettando la reciproca collaborazione e, in prospettiva, l’unità. Su quella base cominciarono a mettere uno sull’altro i mattoni dell’edificio europeo, quello stesso che oggi appare tanto fragile e tanto contraddittorio, al punto da essere percepito, insieme, come opprimente ed inefficiente.

L’Europa, ci ricorda Mattarella, non è fatta dalle banche ma dai suoi popoli e dai suoi Parlamenti, non dall’andamento dei mercati finanziari ma dalla sua identità plurisecolare e dai traguardi che ha raggiunto «fino ad essere un modello nel mondo». Tornare a quelle idealità, dice il capo dello Stato, significa salvare l’Europa da se stessa e dalle sue miopie, e rispondere a milioni di giovani che già ora si sentono innanzitutto cittadini del Continente, hanno già interiorizzato una unità che invece trova tanti ostacoli nella politica comunitaria di ogni giorno.

Quindi, primo punto mattarelliano: riscoprire le ragioni dell’Europa e le sue radici per avere un futuro non marginale nel mondo globalizzato. In questa ottica si può affrontare la gigantesca sfida delle migrazioni delle popolazioni povere e derelitte verso il nostro mondo. «Non serve mettere il cartello “vietato entrare” - ha ammonito il presidente della Repubblica - per impedire che si ingigantiscano queste ondate migratorie». Bisogna agire: da una parte sul fronte dell’accoglienza e dell’umanità, dall’altra riprendendo a costruire le condizioni di sviluppo e di pace di terre martoriate dalla guerra e dalla fame. Non era forse la «cooperazione allo sviluppo» del cosiddetto Terzo Mondo una delle politiche specifiche dell’Unione Europea?

Accogliere, aiutare, «costruire ponti» dice Mattarella citando implicitamente Papa Francesco. È il modo migliore, il più efficace per combattere anche la sfida terroristica contro società libere e democratiche come le nostre. Facendo un’azione severa ed efficace di prevenzione e di repressione verso quanti vogliono spargere il sangue innocente, bisogna però sottrarsi a quanti vogliono «la guerra di religione» e di «civiltà»: scendere su questo terreno, ammonisce Mattarella, non può che portarci ad altri, più grandi dolori.

Non c’è una sola concessione, nelle parole del presidente, alle ricette semplificate per problemi complessi, agli slogan che parlano alla pancia più che alla testa, alle invettive che eccitano le emozioni, lucrano sulle ansie non sapendo indicare strade ragionevoli per andare avanti. Il populismo, la propalazione dell’odio e delle paure sono mille miglia lontani dal modo di ragionare di Mattarella, non a caso cresciuto alla scuola di Aldo Moro e, come Moro, torna ad indicare l’unità nazionale come strumento indispensabile di progresso: «La democrazia è conflitto, certo, ma un Paese che non sa ritrovarsi unito nei momenti fondamentali, è un Paese vulnerabile e debole». Questo vale anche per la politica - impegnata in battaglie sempre più importanti come quella del referendum - cui Mattarella chiede essenzialmente senso dello Stato, tutela del bene comune, capacità di allontanarsi dal proprio misero interesse di bottega.

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