Meeting e politica
C’è più disincanto

Il Meeting riminese di Cl continua ad essere un crocevia nazionale della politica, della cultura, dell’impegno sociale, del confronto con altre fedi. La formula si è consolidata negli anni: mostre, librerie, stand di aziende, confronti tra protagonisti del nostro tempo, volontariato giovanile e non, ristorazione.

Quest’anno è tornato anche «Il Caravaggio», ristorante impiantato dai ciellini bergamaschi, con vari menu: «Cità olta», «Cavre» ecc… Ma non è una Festa dell’Unità. Il brand del Meeting 2016: «Tu sei un bene per me». È la tappa ultima di un itinerario iniziato con il «Noi», proseguito con l’«Io» e che oggi riscopre il «Tu». Dimensioni intrecciate e inseparabili, ma la sottolineatura dell’una piuttosto che dell’altra riflette un cambio di atmosfera e di stile. La Fraternità di Comunione e Liberazione, riconosciuta come tale dal Papa nel 1983, è un Movimento ecclesiale, che ha generato un movimento socio-economico (la Compagnia delle Opere) e un movimento politico (Movimento popolare, prima corrente della Dc, poi di Forza Italia, oggi è nel Ncd e in Area popolare).

Il rapporto tra queste tre dimensioni è mutato negli anni. La «irrevocabile distanza critica» dalle avventure di esponenti ciellini nella politica, che don Giussani aveva dichiarato nel 1987 ad un convegno della Dc ad Assago, si era trasformata nel corso degli anni ’90 e nel primo decennio del 2000 in una relazione molto stretta con la politica, così che il movimento ecclesiale ne veniva sopraffatto e quello socio-economico ne risultava distorto e condizionato. L’esigenza che la fede non si riducesse ad una presenza incolore nel mondo e che avvolgesse tutti gli ambiti della vita privata e pubblica aveva portato a praticare la presenza come esercizio di egemonia e di potere. L’illusione era quella di contrastare il devastante processo di secolarizzazione, creando un involucro di difese politiche, istituzionali e legislative della presenza.

Il modello della «nuova cristianità» e di un’alleanza stretta con il potere politico veniva da lontano: dagli anni ’30, dalla Chiesa di Pio XI, dai tempi in cui don Giussani si era formato in Seminario. Le vicende giudiziarie e gli scandali, reali o presunti, di Roberto Formigoni hanno obbligato Juliàn Carron, il nuovo leader spirituale di Cl, a rinnovare la distanza critica e a sviluppare del complesso lascito teologico e educativo di don Giussani il lato della libertà personale, dell’assunzione di responsabilità totale nel mondo, della testimonianza attiva, ma disarmata. Presenza come testimonianza, non come egemonia. Con ciò la politica non è affatto scomparsa dall’orizzonte di Cl e dal Meeting di Rimini, ma la relazione si è fatta più laica e più disincantata: molto ascolto, pochi applausi, ricchi stimoli gettati sul tavolo dei politici e dei ministri. Chi sta con Renzi, chi con Berlusconi, chi vota Sala, chi vota Parisi, a partire dalla stessa matrice.

Una parte della generazione più antica del movimento ecclesiale fa fatica a riconoscersi in questo nuovo corso, oscillando tra una rassegnazione semper fidelis e un’ostilità di pochi più vicina ai «sedevacantisti» - quelli che pensano che la sede pontificia sia vacante - o agli «atei devoti» alla Giuliano Ferrara, che imputano a Papa Francesco l’abbandono dell’Occidente cristiano e il cedimento all’offensiva islamica. In ogni caso, Cl ha fatto «un passo di lato» rispetto alla politica, impegnandosi tuttavia in un vigile accompagnamento spirituale. È una vicenda solo interna a Cl? No, riguarda l’intero mondo dei credenti e la loro collocazione nella storia del nostro Paese.

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