Il mondo in equilibrio
sull’incubo nucleare

Che cosa spinge un Paese piccolo e povero, molto armato ma non forte, a sfidare la massima superpotenza del pianeta, a inquietare il proprio principale alleato e a preoccupare una serie di potenze regionali? In altre parole: perché la Corea del Nord lancia un missile che si avvicina alle coste del Giappone, si dimostra capace di colpire sulla costa Est degli Stati Uniti e poi festeggia pure, annunciando trionfante di aver raggiunto lo status di potenza nucleare? Non è, quello di Kim Jong-un, un caso da manuale di autolesionismo? Da ormai settantaquattro giorni la Corea del Nord non faceva esperimenti missilistici, il che aveva fatto pensare che le minacce degli Usa e gli ammonimenti della Cina avessero fatto il loro effetto. Così il missile Hwasong-1, che ha volato per 50 minuti a 4.500 metri d’altezza e per circa mille chilometri, ha avuto un impatto politico e psicologico assai più devastante. Mezzo mondo si sente ormai a tiro e la figura di Kim Jong-un, con quell’aria vagamente spiritata, non è certo fatta per tranquillizzare gli animi.

Eppure anche in questo caso l’apparente follia di Kim mostra tratti di estrema lucidità. Ha aspettato che Trump completasse il suo giro in Asia, tra Giappone, Corea del Sud, Cina, Vietnam e Filippine, e se n’è stato buono buono per non regalare vantaggi al «nemico» americano né creare disturbi al grande «amico« cinese. Poi si è offerto l’ennesima provocazione, forte di una situazione strategica particolare che lo avvantaggia.

Al confine Nord si trova la Cina, che è il suo storico sponsor, e a quello Sud l’altra Corea, l’avversario di sempre. Se gli americani colpissero la Corea del Nord, dovrebbero mettere in conto due laceranti danni collaterali: la Cina difficilmente accetterebbe un intervento (meno ancora una spedizione) militare americana ai propri confini, e la Corea del Sud subirebbe gli effetti dell’inevitabile rappresaglia di quella del Nord se questa fosse attaccata. La Casa Bianca di Donald Trump è pronta a sfidare la Cina e a sacrificare l’alleato coreano?

Nello stesso tempo si percepisce tutta la difficoltà della Cina, che non può abbandonare a se stesso lo Stato-cuscinetto retto da Kim Jong-un, che le fa tanto comodo, ma nello stesso tempo non riesce a tenerlo davvero sotto controllo, in un momento in cui Pechino già si confronta con Usa e Giappone per il controllo dell’economia asiatica e delle rotte commerciale del Mar della Cina meridionale e non avrebbe certo bisogno di tensioni aggiuntive e immotivate.

Per non parlare del Giappone, che con il premier Abe sta cercando di dismettere la lunga tradizione di disarmo ma per il momento non ha né la forza né la testa per affrontare in prima persona la Corea del Nord che pure l’ha messo nel mirino.

Così assistiamo al paradosso per cui tutti i grandi camminano sulle uova e fanno equilibrismi mentre il piccolo dispettoso, cioè Kim John-un, scorrazza a destra e manca infischiandosene delle buone maniere. Ci sarà una guerra? Qualche probabilità c’è, ma non molte. Più credibili, a crescere, le seguenti ipotesi. Kim la smetterà e la Cina si occuperà di compensarlo e proteggerlo. Kim andrà troppo oltre e qualcuno a Pechino troverà il modo di toglierlo di mezzo. Oppure, poiché viviamo in un mondo dove la non proliferazione nucleare funziona a intermittenza, avremo prima o poi un altro Pakistan o un altro Israele. Con i quali conviviamo da molti anni senza perdere il sonno.

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