Morire ancora ragazzini
Avidità e irresponsabilità

Le tragedie umane hanno solitamente un percorso storico simile: lo sgomento dell’opinione pubblica quando accadono, il cordoglio, il richiamo affinché non avvengano più, l’accertamento dei fatti per attribuire le responsabilità, i processi, infine l’oblio. Resta solo il dolore dei parenti, una traccia indelebile nel cuore. La tragedia in una discoteca a Corinaldo, in provincia di Ancona, ha la particolarità dell’età delle sei vittime, della sessantina di feriti di cui sette in pericolo di vita: cinque ragazzini tra i 14 e i 16 anni, e una giovane mamma che ha accompagnato nel locale la figlia undicenne. La dinamica in via di ricostruzione è in parte già definita: qualcuno nella sala da ballo ha spruzzato spray al peperoncino generando il fuggi fuggi verso un’uscita che dà su una passerella. Centinaia di giovani che cercavano di tornare all’aperto: le balaustre della passerella hanno ceduto e i ragazzi sono caduti nel fossato. Le morti sono avvenute per schiacciamento e mancanza d’aria, un corpo sull’altro senza alcuna possibilità di svincolarsi.

La festa era stata organizzata dai cinque istituti superiori di Senigallia e sui social c’è stato un tam tam per pubblicizzare l’iniziativa, che ha registrato il «tutto esaurito» anche per la presenza di un rapper affermato tra i giovani, Sfera Ebbasta, pseudonimo di Gionata Boschetti, 26 anni, di Cinisello Balsamo. Magistrati e carabinieri sono al lavoro per ricostruire la dinamica della tragedia, cercando di risalire innanzitutto all’identità di chi ha spruzzato lo spray. Ci sono precedenti in concerti avvenuti nella stessa zona e l’ipotesi è che la sostanza gassosa venga usata come diversivo per piccoli furti. Un dato è invece certo, secondo i pm: sono stati venduti 1.400 biglietti per la festa, in un locale che ha una capienza di 469 persone. Quindi si indaga per omicidio colposo plurimo e il locale è stato messo sotto sequestro.

La tragedia ha avuto risonanza internazionale e sono intervenuti tra gli altri il Papa («Assicuro un ricordo nella mia preghiera per i ragazzi e la mamma che sono morti questa notte in una discoteca a Corinaldo, vicino ad Ancona, come pure per i numerosi feriti. Chiedo per tutti l’intercessione della Madonna») e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella («I cittadini hanno diritto alla sicurezza ovunque, nei luoghi di lavoro come in quelli di svago. La sicurezza deve essere assicurata con particolare impegno nei luoghi di incontro affollati, attraverso rigorose verifiche e controlli. Non si può morire così»).

Morire ragazzini a una festa è una contraddizione. Non si può, non si deve. Eppure è accaduto, con una dinamica così semplice e al tempo stesso terrificante, accatastati uno sull’altro. Perché non succeda di nuovo (come si usa dire in queste occasioni) è necessario che gli adulti si guardino dentro. La fragilità umana è spesso succube delle tentazioni materiali, che però hanno delle conseguenze. In questo caso l’avere riempito la discoteca con quasi mille persone in più per avere un incasso maggiore (accade altrove e accadrà ancora) è una scelta avida. Le capienze vengono definite proprio per ragioni di sicurezza.

E poi c’è una parola che va riscoperta: responsabilità. Ha la stessa radice di rispondere, delle proprie azioni e delle proprie parole perché hanno ricadute sul nostro prossimo. Preventivamente, prima che avvenga l’irreparabile. Oggi gli adulti hanno la tendenza a chiamarsi fuori, a cercare il capro espiatorio. Un segno d’immaturità pericolosa. I volti e le biografie delle sei vittime sono un giudizio sugli effetti dell’avidità e dell’irresponsabilità. I ragazzini e la mamma che lascia 4 figli. «Era mia figlia, aveva solo 14 anni, ve ne rendete conto...» sono le parole disperate di una madre davanti all’obitorio dell’ospedale di Ancona. Rendiamocene conto.

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