Morti bianche
Strage senza fine

Anche a Pasqua si lavora e si muore, denunciano i sindacati di fronte alle morti di Giambattista Gatti e Giuseppe Legnani, i due lavoratori, padri di famiglia, rimasti vittima di un’esplosione mentre conducevano un’ispezione in un’azienda di mangimi, la Ecb di Treviglio. Ora è ancora il momento del cordoglio, del silenzio, della preghiera, della solidarietà con i familiari delle vittime, ma bisognerà riflettere come mai a Pasqua del 2018 possano accadere tragedie così assurde. Del resto le morti di Treviglio sono l’ultimo anello di una catena che ha visto vittime negli ultimi giorni in analoghi episodi a Livorno, Firenze e Bologna. Una catena che sembra non finire mai.

Siamo ai primi di aprile e la conta delle morti bianche è già insopportabilmente lunga. Con i due lavoratori di Treviglio salgono a 151 i lavoratori che hanno perso la vita sui luoghi di lavoro nel 2018, rende noto l’Osservatorio Indipendente di Bologna, che da dieci anni monitora gli infortuni mortali. Un numero notevolmente superiore rispetto ai 113 dello stesso periodo del 2017.

L’anno scorso le vittime sui luoghi di lavoro sono stati 632. Con 20 morti è il Veneto la Regione che conduce la triste classifica, segue la Lombardia e poi il Piemonte. È Milano, con otto decessi, la provincia con più «morti bianche», seguita da due province venete, Treviso e Verona, con sette morti. Nel 2018 quello di Treviglio è il terzo caso di morti multiple: il 20 marzo due vigili del Fuoco sono morti a Catania, mentre il 28 marzo due lavoratori sono morti nel Porto di Livorno. La squadra dei pompieri era intervenuta per una fuga di gas nel centro della città etnea. Anche i due operai di Livorno sono stati uccisi da un’esplosione, forse causata dallo squillo di un telefonino: stavano concludendo le operazioni di svuotamento del serbatoio 62, contenente acetato di etile, nella zona industriale del porto.

Si può fare qualcosa per fermare uno dei maggiori drammi sociali del nostro Paese insieme agli incidenti stradali? Si è fatto molto, ma evidentemente non abbastanza. Anche nel territorio della Bergamasca. Innanzitutto va fatta chiarezza su responsabilità ed eventuali negligenze. E questo naturalmente è compito dell’autorità giudiziaria. Ma serve anche «un’azione straordinaria di monitoraggio di tutti gli impianti a rischio di esplosione nella provincia di Bergamo», come ha spiegato Angelo Chiari, responsabile del Dipartimento Sicurezza della Cgil provinciale, «e una formazione specifica di tecnici esterni specializzati che mappino e monitorino a livello provinciale la situazione».

I due operai morti erano due dipendenti modello che non hanno esitato ad abbandonare il pranzo pasquale per andare sul posto, richiamati da un allarme lanciato dai residenti che avevano sentito cattivo odore nell’aria. L’Italia è piena di gente così, di lavoratori che non esitano a compiere il loro dovere fino in fondo anche nei momenti in cui avrebbero diritto al riposo. Di dipendenti che non fanno molto caso a orari e straordinari pur di salvaguardare la sicurezza dei loro concittadini.

Proprio come i due operai di Treviglio, venuti a ispezionare il luogo per prevenire eventuali fughe di gas o fonti di inquinamento per tutti gli abitanti della zona. Il nostro Paese non può accettare che muoiano in modo così assurdo. Il nostro Paese deve fare di tutto per garantire sicurezza e salute a ognuno di loro, fino all’ultimo lavoratore, come non si stanca di affermare il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, da sempre molto sensibile alla tragedia delle morti bianche.

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