Onorando i doveri
si avallano i diritti

Sulla vicenda dei migranti il dibattito pubblico ha largamente superato la soglia di sicurezza. Sembrano, infatti, essersi smarrite la volontà di distinguere e la forza di non farsi trascinare dall’onda delle pulsioni emotive. In sintesi capacità di ragionare. Per alcuni professionisti della comunicazione politica urlata tale scenario non è una novità. Anzi, rappresenta il brodo di coltura più favorevole per seminare discordia e qualunque argomento che presti il minimo appiglio per una risposta polemica viene usato come un randello.

Più preoccupante la circostanza che anche forze politiche alle quali dovrebbe stare a cuore il mantenimento di un livello essenziale di civiltà nella valutazione dei problemi sembrano orientate a seguire il solco tracciato da xenofobi e razzisti. Peggio ancora: a inseguire, per calcolo elettorale e ricerca del consenso, coloro che fomentano l’opinione pubblica, alimentando un clima di paura sostanzialmente ingiustificato. Per tentare di porre argine al parossismo dilagante, il Presidente della Repubblica, con gesto inusuale, è intervenuto in modo diretto a fornire appoggio alle misure prese dal ministro dell’Interno per regolare le modalità di azione delle organizzazioni impegnate nell’azione di salvataggio dei migranti nel Mediterraneo. Il suo intervento si è reso necessario dinnanzi al surriscaldamento del dibattito, che aveva avuto come elemento scatenante l’indagine della Procura di Trapani sull’Ong tedesca. L’intervento della magistratura non rappresenta una condanna per gli indagati. E meno che meno può condurre a concludere – come è stato fatto in modo improvvido da parte di taluni esponenti politici – che le organizzazioni non governative siano covi di malaffare, conniventi con gli scafisti.

Siamo di fronte a un evidente capovolgimento della realtà, che scambia i carnefici con le vittime, che demonizza il sacrificio enorme dei volontari, che irride all’intelligente azione delle forze dell’ordine, che finisce per calpestare la radicata propensione solidaristica del popolo italiano. Sarebbe un risultato scellerato. L’Italia si è distinta in un’attività di tipo umanitario che ha pochi eguali nella storia mondiale. Per intensità, ma soprattutto in considerazione dell’imponenza del fenomeno. Ciò che fino a qualche anno fa molti continuavano a dipingere come un’emergenza, appare da tempo chiaramente per quello che è: un cambiamento epocale. Che ha radici nell’enorme differenza di condizioni economiche e di possibilità di vita nei Paesi di emigrazione e nei riguardi del quale l’Europa doveva attrezzarsi in modo diverso. Ma questa Europa al momento non esiste, perché – al di là delle obiettive difficoltà di gestire il fenomeno – è prevalsa la linea più semplice: scaricare sul nostro Paese l’onere di affrontarlo, facendo finta di non capire che tale scelta non soltanto avrebbe reso impossibile risolvere la questione, ma avrebbe piuttosto generato tensioni e acuito contraddizioni negli Stati e tra gli Stati.

Nella situazione data all’Italia non rimanevano molti margini di manovra. Fissare regole che ostacolassero più efficacemente il mercato di esseri umani e rendessero più agevole l’azione di salvataggio e di accoglienza sul nostro territorio era diventata una priorità assoluta sul piano fattuale, prima ancora che un obbligo giuridico. La certezza del diritto va perseguita anche nelle condizioni più sfavorevoli e complesse. In determinate circostanze il sentiero del diritto – orientato a salvaguardare i diritti – è strettissimo e irto di ostacoli. Ma è pur sempre l’unico da imboccare. Il diritto alla vita delle migliaia di migranti che sbarcano sulle nostre coste è il bene primario da salvaguardare. Ciò non implica affatto abbassare la guardia rispetto alle esigenze di sicurezza interna, ma deve all’opposto portare a elevare il livello di efficienza dell’azione di accoglienza, controllo, smistamento (anche nella forma dei rimpatri, se giustificati) dei migranti. Il codice emanato dal Viminale per regolamentare l’attività delle Ong può apparire forzato e, di certo, può essere migliorato. Ciò deve avvenire attraverso lo sforzo di tutti. Con un presupposto: soltanto facendosi carico dei doveri, si legittimano i diritti. Vale per tutte le parti in gioco.

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