Orio, basta dispettucci
Pensiamo a Montichiari

Orio c’è, ed è ormai saldamente sul podio di quelli italiani. L’aeroporto ha chiuso il primo quadrimestre con un più 18% di passeggeri: il più importante risultato nella categoria 5-10 milioni a livello europeo. E dopo l’ampliamento, ora l’aerostazione è davvero all’altezza dei numeri che lo scalo ha saputo macinare in questi anni, prima azzeccando la mossa vincente di Ryanair e poi affiancando gli irlandesi volanti nella loro conquista dei cieli europei. Dove non hanno fatto prigionieri.

Ora però Orio al Serio non si basta più, ed è cosa nota da tempo: far crescere ulteriormente uno scalo con oggettivi limiti fisici e ambientali non è più sostenibile. E la prima ad ammetterlo è Sacbo stessa, che da tempo si sta guardando intorno alla ricerca di quella crescita per linee esterne teorizzata praticamente da tutti i presidenti che hanno guidato la società nell’epoca del boom: dal mitico Ilario Testa a Miro Radici, passando per Mario Ratti. La destinazione è arcinota: ad Est, verso Montichiari e quindi Verona, che dal 2013 ne detiene la concessione dopo un eterno esercizio provvisorio.

Quella Montichiari costata ai veronesi un’ottantina abbondante di milioni, cifra che sicuramente ha avuto il suo peso nelle pessime performances economiche di una Catullo che ha inanellato una lunga serie di bilanci in perdita in questi ultimi anni. Normale che la veneziana Save l’abbia conquistata entrando come un coltello nel burro. Ed anche per questo fanno francamente sorridere le imbarazzanti affermazioni di un esponente di Legambiente che parla di «precaria situazione finanziaria» di Sacbo, perorando la causa di una Montichiari che finora ha generato solo perdite a carico del territorio. Ma si sa che il mondo è uno spettacolo d’arte varia, come cantava Paolo Conte, e il nostro ci ha abituato a poco credibili piroette motivate da meri interessi di campanile e politici. Purtroppo (per lui) non supportati da numeri.

Ma torniamo a parlare di cose serie, di quello sviluppo ad Est necessario per tutti e che il potentissimo Vito Riggio, presidente dell’Enac e vero signore dei cieli italiani, ha ieri indicato ad Orio come necessario, arrivando anche ad ipotizzare un intervento legislativo a riguardo. In verità, il dirigismo politico in questi casi ha sempre fatto danni o nella migliore delle ipotesi prodotto risultati zero: perché le compagnie vanno dove c’è mercato e non seguendo i decreti, come ben insegna la catastrofica vicenda di Malpensa.

La sola strada che rimane è quindi quella di riallacciare i rapporti ad Est, dove sono volati gli stracci, e pure di più. Fermo restando che pensare di ripartire dall’ultima proposta di Venezia (50% ai lagunari, 25% a testa a Bergamo e Brescia) è risibile oltre che in netta contrarietà con le indicazioni dei soci di Sacbo, fermi nel non voler scendere sotto il 50% nella newco per la gestione futura di Montichiari. Meglio tirare una riga – l’ennesima –, rimettere insieme i cocci e provare davvero a risolvere la vicenda una volta per tutte, nel pieno rispetto dei ruoli, dei pesi e dei risultati finora conseguiti e senza fare sconti. Se non fosse perché alle porte è attesa una sentenza del Consiglio di Stato che potrebbe anche togliere la concessione di Montichiari a Verona: che non finirebbe a Sacbo (già vittoriosa al Tar) ma in gara. Europea. Con tutti i rischi del caso. Poi per carità, possiamo continuare a farci i dispettucci tra aeroporti, ma se nessuno se n’è ancora accorto, nel frattempo, i grandi competitor europei - e non - sono già atterrati nel Belpaese. E chi non si mette insieme o, peggio ancora, è convinto di poter dettare le regole agli altri, alla fine potrebbe ritrovarsi a terra

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