Più libero mercato
ma si può osare di più

Bersani , cui piace il linguaggio colorito, le chiamava lenzuolate, Renzi non ha fatto le consuete battute (le ha solo definite «sforbiciate»), ma se le avesse proposte un Enrico Letta, le avrebbe chiamate federe, per restare nel reparto biancheria. Ci riferiamo alle cosiddette liberalizzazioni, uno dei provvedimenti più recenti del governo. Si dirà che poco è meglio che niente ma, conoscendo le logiche parlamentari, è prevedibile che il poco diventi pochissimo. Per misurare la federa basta confrontare il testo del Consiglio dei ministri con la bozza (un lenzuolo ad una piazza) che era stata preparata.

Il progetto era ben più ampio: prevedeva interventi su taxi, porti, farmaci di fascia C, libri scontabili anche sopra il 15%, banda larga, rifiuti, aeroporti, fondazioni bancarie, brevetti farmaceutici (rinvio eterno del commercio di farmaci generici), Google... Solo questo elenco dimostra quanto sia largo il campo d’azione di un raddrizzamento concorrenziale nel Paese delle corporazioni. È praticamente un supermarket di scelte possibili. E Bersani si è dimostrato più coraggioso di Renzi e del Monti che lo ha preceduto sul tema, perché, nel 2006, anno di maggioranze con 10 partiti ringhiosi e pochi voti di differenza, nessuno glielo aveva chiesto, ma intervenne con coraggio, anche a costo di prendersi delle sonore batoste nello scontro con i tassisti, guidati dai «liberali» del Pdl.

Ora dai tassisti stanno tutti alla larga, Renzi per primo, ma nel frattempo il mondo va avanti e sono nati Uber e le auto usa e molla, che hanno già di per sé rivoluzionato il trasporto nelle grandi città. Stavolta sembra che a scamparla siano state le farmacie, ancora monopoliste nel vendere i farmaci di uso corrente (fascia C) e solo intaccate nella esclusività del camice – simbolo quasi castale – perchè si è tolto il limite di 4 farmacie in capo ad un solo soggetto, aprendo la strada alla finanziarizzazione del settore contro il tradizionale familismo del passaggio da padre in figlio. Per il resto, appena rilevanti ci sembrano i colpetti diversamente dati a notai e assicuratori. Per questi ultimi si è messo (giustamente) il dito sulla piaga che son troppe le dichiarazioni di incidenti, i testimoni, i danni alla carrozzeria fasulli. Ma la «scatola nera» resta facoltativa e l’affidamento preventivo a carrozzieri convenzionati già solleva la rivolta di artigiani che temono un mercato di svendita.

I secondi, i notai, sono per ora colpiti forse più da un danno di immagine che sostanziale, perché pensare di dare agli avvocati la costituzione delle piccole società e le compravendite di immobili non residenziali minori forse è solo una vittoria di un’altra corporazione molto forte in Parlamento. Se poi si prevede che gli avvocati debbano assicurarsi contro gli errori, oltre che far sospettare un costo per i clienti, si da ragione ai notai quando ricordano che solo loro sono in grado di certificare con certezza e serietà. La categoria resta comunque difesa da barriere di accesso alte e ardue (che producono un numero molto basso di studi notarli), nonchè, diciamolo, dalle carenze dello Stato che delega funzioni che potrebbe fare una amministrazione efficiente, a cominciare dal catasto.

Altri colpetti qua e là completano la legge: alle Poste (basta esclusiva sugli atti giudiziari), alle banche (ritocchi minori), alle telecomunicazioni (smentita la non portabilità gratuita dei contratti, conquista bersaniana). Vedremo cosa resterà di queste poche buone intenzioni. Ma la rivoluzione è rimandata, perché manca ancora la bandiera da impugnare con forza: nel dubbio, scegliere sempre a favore del consumatore, dei suoi costi, delle sue pene. Da un rottamatore di intermediari è lecito aspettarselo. Uno che non ha paura di Landini, mica arretrerà davanti ad un camice!

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