Prevenire gli abusi
Ora il Papa è meno solo

Ha deciso di fare del tema una priorità. La decisione di Papa Francesco di convocare i presidenti di tutte le conferenze episcopali del mondo a Roma alla fine di febbraio per parlare della protezione dei minori segna un capitolo nuovo e inedito nella storia della Chiesa e conferma che la Chiesa ha deciso di trovare un modo nuovo per rispondere alle necessità di una prevenzione più efficace. La riunione di febbraio assomiglia da vicino ad un Concilio nel quale affrontare un tema cruciale e dunque prioritario, perché se la Chiesa si dimostrasse incapace di affrontare una questione del genere e dunque confermasse che essa non è un luogo sicuro per i più deboli, ogni altra attività di evangelizzazione, ogni opera di carità, ogni impegno di educazione verrebbe sbaragliata.

Per questo motivo la prevenzione degli abusi è una priorità. E Bergoglio intende declinarla insieme ai vescovi a capo delle Chiese locali. La vergogna e il dolore espresso da molti e dal Papa in prima persona può trasformarsi in prevenzione e recupero delle vittime solo se la riflessione si allarga ai modelli di educazione, alla selezione del clero, alla cura di ambienti accoglienti per tutti e non si limita al punto giuridico della questione e alla redazione di linee guida. Sulla tutela dei minori e in generale sulla questione degli abusi sessuali e su quelli di potere e di coscienza, non è affatto chiaro che vi sia una consapevolezza globale nelle diverse Chiese locali e non solo tra il clero e i vescovi, ma anche tra i laici.

Ciò che invece è più chiaro a tutti è la globalizzazione della confusione e degli strumenti per diffonderla. Bergoglio intende esattamente contrastare una deriva ecclesiastica che tende all’oblio. Ma non vuole farlo da solo, anche se ciò gli provocherà l’accusa di stravolgere la natura e la funzione del Papa per affidarsi ad una sorta un’opzione federalista nel governo della Chiesa. Francesco in realtà non fa che mettere in pratica ciò che aveva scritto nell’«Evangelii Gaudium», l’Esortazione apostolica considerata «il manifesto» del Pontificato, e cioè una considerazione più decisa e decisiva della collegialità. Le Conferenze episcopali hanno assunto una grande importanza, creando occasioni di incontro (e di scontro) tra vescovi e con Roma, ma hanno dimostrato che il loro ruolo su questioni pastorali delicate è strategico. Oggi davanti ad un attacco, spesso ambiguo, a volte maldestro, ma estremamente efficace per via del supporto social-mediatico, che ha come scopo principale di dividere il cattolicesimo e di disinnescare le parole del Papa, Bergoglio ha deciso di alzare la posta e di mettere attorno al tavolo della priorità l’intero staff mondiale della Chiesa.

E fa sapere che la decisione non l’ha presa da solo, ma sentito il Consiglio dei cardinali, che da cinque anni lo aiutano nel governo della Chiesa. Tutto perfettamente in linea con il Concilio Vaticano II, che è il vero obiettivo dell’attacco dei nemici di Papa Francesco. È questo il capolavoro che ha fatto ieri Bergoglio. Un Papa solo, sicuramente forte, determinato e deciso, ma solo, rischia di finire, per quanto il suo carisma sia singolare, nel mirino delle manipolazioni dei gruppi di interessi, oggi particolarmente abili e scaltri nell’uso e nella diffusione delle menzogne. Invece Bergoglio prima ha scritto a tutto il Popolo di Dio e ora ha deciso di affrontare la partita decisiva della «Chiesa-luogo-sicuro» insieme ai presidenti delle Conferenze episcopali. È un processo coraggioso che farà inorridire ancor di più gli estensori di «dubia», variamente declinati.

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