Psicosi e allarmi
serviti in tavola

In Italia non si parla che di carne, dopo l’allarme lanciato dall’Organizzazione mondiale della sanità sulla pericolosità cancerogena di alcuni tipi . Carni rosse e carni lavorate sono nel mirino. Già, ma quali sono le carni rosse? Manzo e vitello. Maiale, agnello, montone, cavallo e capra, galline, oche, anatre e altri volatili. Cosa fa male e cosa non fa male? Quale di loro porta alla morte, e in che misura? Lo smarrimento è grande sotto il cielo oncologico e animale. Davanti ai banconi delle macellerie e delle gastronomie si disquisisce della pericolosità acclarata di wurstel, prosciutto, salsicce e pancetta. Tutti vogliono dire la loro, non solo sui giornali.

Un intero comparto, che pare dia lavoro ad almeno centomila persone, è a rischio. C’è chi parla di allarmismo ingiustificato e chi sostiene che questi dati erano già noti almeno da dieci anni. I vegetariani cantano vittoria e i vegani spingono per una scelta radicale.

Il dibattito si allarga sulla produzione della carne su scala industriale, anche per la progressiva diffusione delle tecniche di allevamento intensivo, sul mangime degli animali e sulla loro provenienza, sull’origine geneticamente modificata dei mangimi che sarebbe la causa ultima della pericolosità delle carni.

Inutilmente gli oncologi invitano alla prudenza, ormai la frittata è fatta e i dati Oms sono come una bomba che deflagra nell’alimentazione della gente, negli stili di vita, sulle tavole degli italiani, anche se pare che nel mirino non ci fosse il nostro Paese, la cui cucina è una delle più salutari del mondo, ma i Paesi nordici dei wurstel e quelli orientali della carne grigliata di dubbia provenienza. Anche perché nel sottobosco culturale pullulano i falsi miti sulla pericolosità di altri alimenti: il cappuccino è cancerogeno, il pesto è cancerogeno, la brioche è cancerogena, le patatine fritte idem e chi più ne ha più ne metta, una sorta di caccia alle streghe del cibo ci accompagna da anni nei discorsi di tutti i giorni senza farci capire un granchè.

In realtà, come sostiene col consueto buonsenso Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, possiamo ricominciare a vivere dopo l’allarme dell’Oms con alcuni punti fermi, gli stessi dichiarati dai medici cinque minuti dopo che le agenzie diffondevano la notizia. Le carni rosse sono probabilmente cancerogene, anche se non è dimostrato del tutto scientificamente, mentre lo sono certamente quelle trattate, e anche le grigliate producono sostanze cancerogene come tutti gli ingredienti preparati ad altissime temperature.

Ma il punto, come dicono gli oncologi, è la quantità, poiché anche una dieta vegana può essere pericolosa se non viene fatta correttamente. Del resto non è così anche con gli altri alimenti? Un bicchiere di vino al giorno è un toccasana, un elevato tasso di alcolici è deleterio. Vale lo stesso per il caffè, non vale per il tabacco, la cui quantità minima per non incorrere in problemi di salute è zero. Senza addentrarci in considerazioni scientifiche che non ci competono sappiamo tutti che anche le proteine sono importanti nell’alimentazione e che probabilmente la dieta mediterranea, la famosa piramide rovesciata che ha frutta e verdura come alimenti principali e i grassi e le carni solo saltuariamente, è la dieta ideale in tutto il mondo. Forse sarebbe meglio prendere l’allarme dei medici dell’Oms non come una manifestazione di allarmismo e nemmeno come un attacco alle imprese della carne, ma come un invito a informarci meglio, a cambiare certe abitudini alimentari basate sull’eccesso, ad accostarci a una fiorentina con lo stesso spirito con cui si mangia il panettone a Natale.

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