Quei segnali tra partiti
Il Quirinale ha fretta

Sono accadute due cose significative nelle ultime ore alla vigilia del mandato esplorativo che con ogni probabilità oggi il capo dello Stato conferirà alla presidente del Senato Elisabetta Casellati. Il primo riguarda proprio l’esponente forzista salita alla dignità di seconda carica dello Stato con i voti del centrodestra e dei grillini: per la prima volta Matteo Salvini si è sbilanciato a dire che «potrà fare un buon lavoro». Un segnale di pace verso Forza Italia con la quale in queste settimane il confronto non è stato facile, anche se occorre riconoscere che Salvini finora ha resistito alla reiterata richiesta grillina di emarginare Berlusconi, magari attirandone le truppe parlamentari, e di stringere un patto a due con il partito di maggioranza relativa.

Il capo leghista lancia ora un segnale distensivo che di sicuro aiuterà la Casellati nella sua esplorazione (che, nelle intenzioni del Colle dovrà essere particolarmente breve, un paio di giorni al massimo). Il secondo elemento da segnalare riguarda il fronte opposto, o meglio: l’altro «forno», quello aperto da Di Maio verso il Partito democratico. È successo che il reggente dem Maurizio Martina ha fatto un passo avanti rispetto alla posizione di rigida opposizione – quasi aventiniana – tenuta sin qui. Ha proposto alcuni punti programmatici ritenuti prioritari al dibattito tra i partiti, specificando naturalmente che non sono rivolti a nessuno in particolare ma invitando tutti a confrontarsi su di essi. L’apertura di un confronto sulle cose da fare nella nuova legislatura è di fatto il ritorno in partita del Pd.

La cosa ha subito suscitato la reazione positiva di Luigi di Maio che, forse non aspettando altro, ha apprezzato l’iniziativa di Martina e ne ha elogiato l’utilità. È chiaro che in questo scambio c’è un alto tasso di tatticismo da parte di tutti: il Pd vuole dimostrare che non intende sottrarsi all’eventuale chiamata di Mattarella per un governo «di responsabilità nazionale» che si dovesse rendere necessario in caso di fallimento di qualunque ipotesi politica. D’altra parte il M5S viene da giorni di tensione con la Lega e apprezzare le aperture dei democratici significa mandare un segnale implicito a Salvini: «Il forno si sta chiudendo». Quindi si capisce che va fatta la tara a qualunque parola venga in questo momento pronunciata sulla pubblica scena. La realtà nascosta, quella delle trattative nel retrobottega sono altra cosa, ma quelle sono conosciute fino in fondo dai soli protagonisti.

Ciò che vediamo noi è ancora una partita a scacchi dove tuttavia qualcosa sta succedendo: forse si sta passando dallo stallo al movimento. Il problema è capire verso quale direzione potrebbe andare questo movimento. È il compito di Elisabetta Casellati che dovrà lei andare a verificare le intenzioni vere, non di facciata, dei singoli partiti: sulla base del suo resoconto Mattarella prenderà rapidamente una decisione. Sarà ancora possibile mettere in piedi un governo politico, e quale? Questa apertura di dialogo tra M5S e Pd è davvero qualcosa che può mandare in soffitta le trattative finora inconcludenti tra Salvini e Di Maio? Oppure davvero non c’è altra strada che mettere in piedi un esecutivo tecnico o del presidente con il solo compito di affrontare le emergenze internazionali, presentare i documenti di bilancio alla Commissione europea e tentare una riforma della legge elettorale per arrivare fino alle elezioni europee del 2019? Tempo qualche ora è avremo qualche prima risposta. Di sicuro Mattarella ora ha fretta e vuole che i frutti maturino presto sull’albero della nuova legislatura.

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