Sconfitta ma vincente
Tutti in piedi per l’Atalanta

Grazie, ragazzi. È il sentimento più semplice e vero che ci viene adesso, a quasi mezzanotte, con l’eliminazione ancora caldissima e un fiume di bergamaschi che sfida il maltempo per ritornare a casa da Reggio Emilia. Grazie, ragazzi: è il coro che viene spontaneo in ogni stadio, quando una squadra non ce la fa, ma ce l’ha messa tutta per farcela, per far sperare la sua gente in un’impresa da scrivere nella storia. Grazie, dunque, ragazzi dell’Atalanta. Perché ci avete portato a vivere questa notte folle, dipinta di neve come le notti magiche nella fantasia dei bambini. Fa niente, se è andata male.

Non è un peccato morire, dice il saggio: è un peccato non vivere. E davanti a questa Atalanta oggi tutta Bergamo – anche la Bergamo che fa valere il suo diritto di non interessarsi di calcio o di non essere atalantina – deve alzarsi in piedi, battere le mani e dire grazie. Solo tre anni fa si vedeva dietro l’angolo lo spettro della serie B, in questa notte la piccola Atalanta, che mancava dai campi europei da quasi trent’anni, ha fatto tremare una squadra di campioni, alcuni anche campioni del mondo.

È questa, la nostra vittoria: esserci stati, averci provato, aver sfiorato un successo che valeva molto più degli ottavi di finale che ci si contendeva. Valeva la gloria di aver battuto una delle squadre più forti che l’urna potesse regalarci, nella mattina dell’11 dicembre, in quel sorteggio svizzero. Partì un boato collettivo: ma no, il Borussia.

Invece giorno dopo giorno, partita dopo partita, l’Atalanta ha cominciato a sentire il gusto della possibile impresa, che è tanto più affascinante quanto più si presenta difficile. E dopo la partita d’andata, questo gusto s’è fatto acquolina: allora non è un sogno, ha pensato Bergamo: è possibile, può diventare realtà.

Alla fine le speranze hanno lasciato campo alla realtà: il Borussia è più forte e anche nel calcio, alla fine, molto spesso il più forte ce la fa persino quando non merita. Ci abbiamo sperato, abbiamo sognato. Sognare costa niente e sognando capita di non fare i conti con la realtà nuda e cruda: se hai davanti una squadra più attrezzata, più esperta, più fortunata e che per giunta parte da un punteggio di vantaggio, alla fine prevalere è difficile, e anche quando arrivi a un millimetro dal traguardo è come se mancasse tutto.

Ma l’analisi finisce qui, perché l’Atalanta ha perso, ma non è una sconfitta. L’Atalanta ha vinto perché questa notte l’ha vissuta e l’ha regalata alla sua gente. Perché ha regalato emozioni profonde come quelle della Coppa delle Coppe del 1988. Perché ieri non c’era bergamasco che non parlasse della partita. Come andare a Reggio Emilia, ma nevica o no, dove la fanno vedere, chissà se il bar sotto casa la trasmette. L’Europa adesso conosce l’Atalanta, e forse s’è fatta anche un’idea nuova dei suoi tifosi.

Tutto questo per una squadra incredibile, che da ieri, come trent’anni fa con il Malines, ha tanti tifosi che non la abbandoneranno più. Notti così restano dentro, in fondo a notti così il risultato pesa oggi, sarà un ricordo domani e dopodomani, ma conterà più niente fra trent’anni. Non sappiamo quando ritorneremo su quei campi europei, chissà se sarà presto o se serviranno anni. Ma quant’è stato bello. Lione, Everton, Apollon, Borussia. I gol, i viaggi, la caccia ai biglietti, le lacrime del presidente. Non finiremo mai di dirlo, di ricordarlo, di raccontarlo. Grazie, ragazzi.

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