Se la gente premia
il Vangelo del Papa

Papa Francesco ha la capacità di entrare immediatamente in sintonia con le persone. È successo anche ieri, nella Cattedrale di Firenze, dove i partecipanti al 5° Convegno ecclesiale nazionale hanno accolto il Papa con calore e, soprattutto, hanno ascoltato con grande attenzione il suo discorso, dal quale evidentemente attendevano alcune linee guida per i lavori. Ma i delegati provenienti da tutte le diocesi d’Italia - 2.200, in gran parte laici - non solo hanno ascoltato, piuttosto hanno «detto la loro» attraverso una serie di applausi. Battendo le mani, infatti, hanno sottolineato le parole del Papa, dando rilievo al alcuni passaggi, quasi a «disegnare», in questo modo singolare, un profilo di Chiesa che risponde alle attese, alle speranze e all’impegno di molti nelle diverse comunità.

Il primo applauso, forte, al discorso del Papa, ha rimarcato il suo auspicio, tratto dalla «Evangelii Gaudium» (49): «Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti».

Una Chiesa in uscita, dunque, che pure deve affrontare alcune tentazioni che la bloccano. E qui ancora gli applausi convinti dicono il «sentire» dei delegati quando Francesco spiega: «Davanti ai mali o ai problemi della Chiesa è inutile cercare soluzioni in conservatorismi e fondamentalismi». E subito dopo nuovo applauso quando il Papa rincara la dose: «La dottrina cristiana non è un sistema chiuso incapace di generare domande, dubbi, interrogativi, ma è viva, sa inquietare, animare. Ha volto non rigido, ha corpo che si muove e si sviluppa, ha carne tenera: la dottrina cristiana si chiama Gesù Cristo». La Chiesa, di conseguenza, deve essere «libera e aperta alle sfide del presente, mai in difensiva per timore di perdere qualcosa».

È una Chiesa che non ha paura quella nella quale si riconoscono i partecipanti al Convegno ecclesiale, e soprattutto deve essere accanto alle persone, «vicina». Come - chiosa singolarmente il Papa - nell’esempio del don Camillo di Guareschi, accolto, appunto, dagli applausi della Cattedrale: «Di sé don Camillo diceva: “Sono un povero prete di campagna che conosce i suoi parrocchiani uno per uno, li ama, che ne sa i dolori e le gioie, che soffre e sa ridere con loro”. Vicinanza alla gente e preghiera sono la chiave per vivere un umanesimo cristiano popolare, umile, generoso, lieto. Se perdiamo questo contatto con il popolo fedele di Dio perdiamo in umanità e non andiamo da nessuna parte».

E poi un messaggio forte ai vescovi. È il Papa che li invita ad essere «pastori: non di più. Pastori, solo pastori (insistendo a braccio, oltre il discorso scritto)». E la Cattedrale sottolinea con uno scroscio di applausi. Che si ripete, più forte, al passaggio successivo, dove il Papa spiega: «Oltre la preghiera, quello che fa stare in piedi un vescovo è la sua gente (applausi). Che niente e nessuno vi tolga la gioia di essere sostenuti dal vostro popolo. Come pastori non siate predicatori di complesse dottrine, ma annunciatori di Cristo, morto e risorto per noi». E di nuovo la Cattedrale si fa sentire. Così come sottolinea sempre con gli applausi l’invito del Papa anzitutto alla vicinanza ai poveri - «Siamo chiamati a riconoscere Cristo in loro» - allo stile di dialogo - «È proprio il confronto e la critica che ci aiuta a preservare la teologia dal trasformarsi in ideologia» - all’impegno sociale, civile e politico soprattutto dei giovani - «I credenti sono cittadini»; «Vi chiedo di essere costruttori dell’Italia, di mettervi al lavoro per un’Italia migliore»; «Dovunque voi siate, non costruite mai muri né frontiere, ma piazze e ospedali da campo».

La Cattedrale di Firenze, a modo suo, ha parlato chiaro. E insieme al Papa ha segnato un punto fermo non solo per il Convegno di questi giorni, ma per disegnare la Chiesa dei prossimi anni.

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