Tasse, la pace fiscale
induce a non pagare

Le nuove tecnologie e la professionalità sono oggi i principali nemici dell’evasione fiscale, e i risultati si vedono: 20,5 miliardi recuperati solo nel 2017. Bergamo ne può trarre motivo d’orgoglio, visto che qui si formano le nuove leve della Guardia di Finanza, nell’Accademia oggi guidata dal generale Virginio Pomponi. Ma il problema dell’evasione resta grande se la politica dà segnali contraddittori. Nel «contratto» dell’attuale Governo è scritto uno slogan gentile, «pace fiscale», ma in quel capitolo c’è un ossimoro. Si parla di «favorire l’estinzione del debito mediante un saldo e stralcio dell’importo dovuto» e questo sembra un condono, ma subito dopo viene «esclusa ogni finalità condonistica» (sic).

Un mistero lessicale, ma il segnale c’è. Del resto, in 45 anni, ha calcolato Cgia di Mestre, sono stati incassati ben 132 miliardi da condono, e la voglia di insistere è irresistibile. Se un Paese, con cadenza pluriennale certa, introduce un condono (solo Tremonti lo ha chiamato tombale, ma poi le tombe si sono scoperte…), non c’è da stupirsi se i contribuenti rischiano, perché la percentuale di chi è pizzicato è comunque bassa, e si può sempre aspettare la prossima sanatoria… Secondo il «contratto», il tema sarebbe peraltro circoscritto a «tutte quelle situazioni eccezionali e involontarie di dimostrata difficoltà economica», ma i numeri di cui si parla sono di tutt’altra entità. Per finanziare il primo anno di flat tax (poi dicono che camminerà da sola…), occorrono 50 mila miliardi. Giusto la cifra, 50.402.03.696, che è pretesa dall’ex Equitalia. Altri 50 miliardi sono fermi nelle Commissioni tributarie locali. Totale 100 miliardi, quasi il costo dell’intero programma, pardon contratto di Governo.

Tutti contribuenti in «dimostrata difficoltà economica»? Dimostrata come? Salvini si accontenterebbe di far pagare il 25% (si era parlato del 10%), ma bisognerebbe spiegarlo innanzitutto a chi ha pagato 100. Trovare così 25 miliardi è però francamente improbabile (il condono record è del 2003: 31 miliardi), proprio perché c’è tanta gente che non riuscirebbe a pagare neppure l’1%, senza contare i morti, gli assenti, le aziende sparite. Lo confermano i dati delle «rottamazioni» ancora in corso, che almeno avevano il pudore di perdonare solo multe e sanzioni, non il malloppo. Ebbene, martedì la Corte dei Conti ha calcolato che su un introito atteso di 17,8, miliardi ne sono stati riscossi solo 8,2. Il pagamento delle rate si è fermato appena si è cominciato a parlare di «pace fiscale»: chi glielo fa fare, ai rottamati, di tirar fuori gli altri 9,6?

In attesa del maxi condono prossimo venturo (l’ultimo, naturalmente…), arrivano oltretutto segnali non incoraggianti, ogni volta che i Vicepresidenti incontrano una categoria che protesta. Gli annunci sono tutti di attenuazione, non di rafforzamento anti evasione. Vedi la questione dell’uso del contante, strumento principe di fuga dall’Iva (è l’imposta più evasa: 35 miliardi), senza parlare della criminalità organizzata, che sui contanti ci campa. Altro esempio: il rinvio della fatturazione elettronica per i benzinai. Vale poco, ma pur sempre circa metà dell’introito sperato con le pensioni d’oro. Un po’ come lo spesometro, valutato nel 2018 2,6 miliardi, peraltro già abolito da Padoan per il 2019. Poi c’è lo split payment, odiato dai professionisti, quotato 1,5 miliardi. Insomma molta tolleranza (salvo un accenno al «carcere vero» per i grandi evasori, ma esiste un carcere «falso»?), senza peraltro contropartite. Vedremo il risultato finale. Per ora, si parla di qualcosa che darà un gettito probabilmente insufficiente a coprire le rivoluzioni fiscali promesse, e darà un altro dispiacere ai contribuenti onesti.

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