Greggio e prodotti petroliferi russi, import Ue giù del 90%

Quotidiano Energia - Le importazioni Ue di greggio e prodotti petroliferi dalla Russia sono ammontate lo scorso marzo a 1,4 milioni di tonnellate, il 90% in meno rispetto alla media mensile di 15,2 mln ton del triennio 2019-2022. E’ quanto emerge dai dati pubblicati da Eurostat, secondo cui la Ue ha iniziato a importare da altri Paesi produttori già prima dell’entrata in vigore dell’embargo al greggio e ai prodotti petroliferi di Mosca, rispettivamente il 5 dicembre 2022 e il 5 febbraio 2023.

Più in dettaglio, indica l’istituto di statistica europeo, l’import di greggio russo è diminuito dalle 12,4 mln ton del gennaio 2022 (prima dell’invasione russa dell’Ucraina) a 3,7 mln ton nel dicembre 2022 (-70%). In seguito si è registrata un’ulteriore contrazione fino a 1,17 mln ton nel marzo 2023 (-91%).

Le importazioni di prodotti petroliferi dalla Russia sono invece diminuite dalle 3,3 mln ton del gennaio 2022 a 0,7 mln ton nel febbraio 2023 (-80%), per poi continuare a ridursi fino ad appena 0,3 mln ton lo scorso marzo (-92%).

Lo scorso marzo la Ue ha acquistato greggio e prodotti petroliferi russi per 1,6 miliardi di euro, una cifra inferiore dell’85% al livello mensile pre-bellico, ha affermato la commissaria all’Energia, Kadri Simson.

Eurostat precisa che le importazioni complessive dalla Russia non sono arrivate a zero a causa delle esenzioni all’embargo ammesse in limitate e specifiche situazioni.

L’istituto si sofferma anche sui rilasci di scorte di emergenza a marzo e ad aprile 2022, coordinati dall’Aie e mirati a frenare le turbolenze sul mercato innescate dalla guerra in Ucraina.

Numerosi Paesi Ue hanno partecipato alle azioni congiunte, utilizzando parte del loro surplus di riserve di emergenza, mentre altri sono scesi al di sotto dei livelli minimi richiesti dall’articolo 3 della direttiva 2009/119.

Nel 2022 la Commissione ha valutato la situazione dei mercati petroliferi e consigliato ai 27 di ricostituire le proprie scorte di emergenza ai livelli minimi richiesti dalla direttiva entro il 31 marzo 2023.

Nel luglio 2022, 10 Stati Ue erano al di sotto del livello minimo previsto (Bulgaria, Cechia, Irlanda, Croazia, Italia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Austria e Romania), ma a marzo 2023 solo Bulgaria, Cechia, Irlanda, Lettonia e Lituania rimanevano al di sotto dei requisiti, peraltro con scorte quasi tornate al livello previsto in tre di questi Paesi.

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