Addio sir Massimo

Si definiva un «venerabile principiante» come quel Sir Guglielmo d’Occam dal quale aveva preso a prestito il nome per firmare gli articoli. Sempre di economia, che era la sua vita. Sempre documentati, perché non sopportava la superficialità.

Sempre chiari, perché amava Montanelli e la sua regola numero uno: «Non scrivere per un filosofo, che tanto non ti leggerebbe. Scrivi per la tua mamma». Oggi l’Urlo è senza voce perché il Guglielmo d’Occam che i nostri lettori apprezzavano è morto. Aveva 57 anni, l’ha portato via un tumore.

Era un solido economista, aveva costruito le sue certezze al Mit di Boston, insegnava alla Bocconi, aveva lavorato ai vertici di Olivetti, Telecom, Enel, Stream, Idea Fimit (la più importante società italiana per la gestione di fondi immobiliari), Mantero Seta. Aveva realizzato il piano finanziario per la fusione Ethiad-Alitalia. Era un manager di carattere e stava provando a trasformare Finlombarda in una piccola, efficiente Bce.

Lo pseudonimo era necessario per neutralizzare certe telefonate del giorno dopo. Era un uomo di cultura in senso classico, con una collezione di libri che ricopriva perfino le pareti del garage. «Se non avessi fatto il manager avrei voluto essere giornalista». Così scriveva, anche se per farlo toglieva qualche ora alla moglie Claudia e alla piccola Sofia. «È appagante, non vorrai anche pagarmi». Il patto era una buona bottiglia di vino ogni tre editoriali. Per esorcizzare il male prendeva lezioni di latino.

L’ultima volta che ci siamo visti mi ha sorriso: «Supero questa seccatura poi ti mando un articolo. In caso contrario, nomina nuda tenemus. Lo diceva Umberto Eco». Già. Era un uomo speciale Massimo Brunelli.

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