Bulimia di Stato

di Giorgio Gandola

Chiamatela pure ossessione, ma da qui si parte e qui si arriva: la spesa pubblica. E nonostante tre anni di cura dimagrante al portafoglio dell’italiano medio, il taglio degli sprechi di Stato non è ancora avvenuto.

Chiamatela pure ossessione, ma da qui si parte e qui si arriva: la spesa pubblica. E nonostante tre anni di cura dimagrante al portafoglio dell’italiano medio, il taglio degli sprechi di Stato non è ancora avvenuto.

Lo dimostrano i numeri, impietosi come sempre quando vogliono esserlo: nei primi cinque mesi del 2014 il peso dei costi non solo non è diminuito, ma è aumentato di 25 miliardi, per la cifra tonda di cinque miliardi al mese. Da questo si evincono molte cose, una soprattutto: la spending review pianificata da Monti, ufficializzata da Letta e benedetta da Renzi non ha prodotto alcun risultato. Anzi è un bluff.

Lo sostiene Unimpresa (il numero, non il commento, quello lo sosteniamo noi), che ieri ha reso noti i risultati di un’analisi condotta dal proprio centro studi. Da questo dato si trae un’altra conseguenza nefasta: nessun taglio concreto al bilancio dello Stato - sull’orlo del dissesto dal novembre del 2011 - è stato operato.

Anzi, poiché negli ultimi due anni le sole uscite sono cresciute di 38 miliardi, il mantenimento della macchina pubblica costa sempre di più ai cittadini. Da qui una domanda semplice semplice: che fine ha fatto il commissario Carlo Cottarelli, che era stato dipinto come un detective capace di individuare gli sprechi a distanza di chilometri, ma nel volgere di qualche mese si è trasformato nel fantasma dell’opera? In attesa di vederlo riapparire con le forbici in mano, cominciamo ad essere attraversati da qualche dubbio sull’efficacia delle rottamazioni renziane. Anche perché un altro dato risulta in crescita: quello della corruzione.

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