Dalla parte dei ghiacci

di Gianlorenzo Barollo

Ora che tutti – passeggeri ed equipaggio – sono in salvo posso dirlo: io tifavo per i ghiacci. Sì, nella disperata lotta per recuperare la Akademik Chokalski, la nave russa intrappolata per giorni nelle fauci del gelo , io stavo con il vento polare.

Ora che tutti – passeggeri ed equipaggio – sono in salvo posso dirlo: io tifavo per i ghiacci. Sì, nella disperata lotta per recuperare la Akademik Chokalski, la nave russa intrappolata per giorni nelle fauci del gelo, io stavo con il vento polare che sferzava il ponte della nave e con le correnti oceaniche che imperterrite ricucivano ogni spiraglio di fuga. Chiamatemi pure traditore, ma stavolta non me la sentivo proprio di schierarmi dalla parte dei miei simili.

La trama di questa ennesima sfida tra l’uomo e la natura ha ben poco del sapore avventuroso e selvaggio dei racconti del Klondike di Jack London oppure dell’azzardo e dell’orgoglio insiti nella sfida tecnologica all’ignoto descritta da Jules Verne. No, siamo lontanissimi da quelle latitudini consacrate alla vitalità e alla conoscenza esplorativa. Oggi il peso dell’uomo sulla Terra è tale che dietro di sè non lascia più impronte ma ferite. Sarebbe quindi saggio preservare regioni che possono andare incontro ad autentici ecodisastri con ripercussioni negative difficilmente calcolabili per il resto del pianeta e soprattutto per i sei miliardi e passa di «sapienti» inquilini. Ma il riscaldamento globale che, tra i suoi vari effetti, ha alzato il sipario sul santuario dell’Artico. La Russia ci vede già un Eldorado petrolifero, la Cina sogna una rete «autostradale» per le sue merci. La Akademik Chokalski ingabbiata dal ghiaccio è un bel monito ad andare cauti, a considerare i rischi e ad avere rispetto dell’ambiente che ci circonda e ci sostiene. Saremo capaci di imparare questa piccola lezione?

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