Dieci in condotta

Era stato ammesso anche lui all’esame di maturità, come tutta la quinta F. Voti bellissimi, nove e dieci in condotta. Voti che fotografano la realtà solare, positiva di ragazzi senza ombre. Questo di giorno, poi arriva la notte. Domenico Maurantonio, numero 14 del tabellone esposto nell’androne del liceo scientifico Ippolito Nievo di Padova, non si presenterà davanti alla commissione d’esame. È morto 43 giorni fa durante la gita scolastica all’Expo.

È volato giù da una finestra al quinto piano di un albergo di Milano. E dopo un mese e mezzo nessuno è ancora in grado di dire a sua madre e suo padre «perché». Fin dai primi giorni avevamo colto dentro questa vicenda di velluto nero l’anomalìa del silenzio. Nessun compagno di classe ha parlato, nessuno ha visto, nessun telefonino è squillato, nessun sms è partito, nessuna verità è finita su Facebook, nessun twitt ha squarciato le tenebre. E tutto questo è incredibile in un mondo malato di parossismo da comunicazione, nel quale i giovani testimoniano ciò che fanno ancor prima di immaginarlo.

Non esiste ciò che c’è, esiste ciò che è descritto. Tranne che per Domenico, restituito alla sua famiglia e a tutti noi dentro quella foto con un filo di barba, uno sguardo allegro, gli occhiali con la montatura da studente e un pappagallo sulla spalla. È volato da una finestra in canottiera e slip, senza un grido, alle 5.30 di mattina. Aveva bevuto liquore, l’autopsia lo dimostra. Una bravata, una spinta, nessuno ha visto niente e sentito niente. Si può ancora finire nel nulla, basta che gli alibi coincidano. La mamma ripete: «L’ho dato alla scuola, dovevano riportarmelo». Cominciano gli esami. Sono stati ammessi tutti con dieci in condotta.

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