I like dell’assassino

Ha ucciso la moglie a coltellate, ha postato l’ultimo insulto su Facebook annunciando al mondo la macabra impresa («Sei morta...»), ha ottenuto 300 like in pochi minuti ed è stato arrestato.

Cinque righe nelle quali è condensato il peggio della nostra società, una realtà che sarebbe miope non vedere, mani intrise di sangue che cercano una legittimazione folle sulla tastiera di uno smartphone. E la ottengono per riflesso condizionato, perché un«mi piace» prepotente e ottuso non si nega proprio a nessuno in questo mondo stravolto dalla realtà aumentata-modificata-transgenica in cui il rapporto umano è stato sostituito dall’omologazione virtuale.

Il teatro del femminicidio è Postiglione (Salerno), l’imputato si chiama Cosimo, la vittima Maria. Lei voleva cambiare vita, da un anno lo aveva lasciato, e la figlia di sette anni era diventata motivo del contendere. Purtroppo, persino nel 2014, per qualcuno la scorciatoia a questi problemi resta la violenza, una strada che porta alla distruzione di due vite e al destino incerto per la più innocente di tutti, la bimba. Quando Cosimo ha saputo che Maria stava ricostruendo un orizzonte, un’ipotesi concreta di futuro con un’altra persona, ha cominciato a pedinarla, a tenderle agguati, a picchiarla fino alle estreme conseguenze.

E il finale sul social network ci dice molto della volatilità dei mille amici che ci possono far inorgoglire dentro il computer. Nessuno di loro verrà a trovarci in ospedale, nessuno di loro allungherà la mano per offrirci una carezza. Non da lì, perchè l’iperuranio è un luogo freddo, abitato da un’infinita solitudine.

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