I voti della Fornero

Del governo Monti ricordiamo tre punti fermi: la spremitura intensiva degli italiani, il loden ed Elsa Fornero, nota a sua volta per i foulard, la furtiva lacrima e la cattiva memoria.

Da ministro del Lavoro si dimenticò di pensionare 390.000 italiani che rimasero nel limbo scomodissimo di chi non ha ancora l’assegno di quiescenza e non più uno stipendio da lavoro dipendente dopo aver versato regolarmente per anni i sacrosanti contributi.

Li chiamarono «esodati», fecero tremare il governo, poi al ministero risolsero il problema caricando i costi del pasticcio sulla previdenza futura. Ancora oggi ci sono persone che non sono riuscite a sfuggire a quella maldestra legge.

Per questo risulta curiosa la sicurezza con cui Elsa Fornero oggi giudica i provvedimenti del governo Renzi, che sarà anche affetto da annuncite, ma non è ancora riuscito nell’impresa di mettere in mezzo (letteralmente in mezzo) a una strada un certo numero di cittadini.

Chiamata in causa sul Jobs act, la docente di Economia politica all’Università di Torino ha così risposto: «Se fossi in università, a Renzi darei 18 sulla fiducia perché si vede ancora molto poco. Quanto all’articolo 18, nonostante ci sia tanta ideologia la questione non è un falso problema. L’articolo 18 è una salvaguardia».

Certamente una salvaguardia più concreta di quella che lei ha saputo offrire agli esodati. Il che dimostra che si può creare disoccupazione anche con l’articolo 18 in vigore. Oggi in Italia il problema non sono le prediche, sono i pulpiti.

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