Il branco

Quando un gruppo di ragazzi diventa branco? La sociologia propone ponderosi tomi, la cronaca un aneddoto che li sintetizza tutti.

È la storia di quella scolaresca liceale di Cuneo in gita a Roma e di ciò che è accaduto in una notte insonne: un ragazzo brillo circondato dagli altri, denudato, cosparso di schiuma da barba, depilato, spennellato di Nutella e sapone, ricoperto di post-it, bruciacchiato con un accendino. Una squallida bravata testimoniata dal solito video pubblicato sul solito social network per mostrare l’abisso di stupidità anche a chi era riuscito a risparmiarselo.

La preside è venuta a saperlo e ha fatto l’unica cosa saggia: ha sospeso 14 ragazzi per una settimana, il che equivale a un quattro in condotta e alla bocciatura certa. La notizia è uscita dalla cerchia dei protagonisti perché le famiglie di alcuni alunni sospesi ha scritto alla Stampa per lamentarsi dell’eccessivo rigore riservato ai loro figli. Frasi tipo: «Era uno scherzo fra ragazzi che doveva essere risolto fra loro», «Non era giusto sospendere anche chi stava solo guardando».

Quando un gruppo diventa branco? Quando chi guarda non reagisce, non critica, non si dissocia. Quando chi guarda si trasforma in gregge, comincia a ridacchiare per appartenenza. E finisce per alzare il braccio nelle adunate anche senza gridare heil Hitler. Ci siamo capiti. Giusto così, tutti bocciati, anche quelli che guardavano e non si vergognavano. Per la verità , se ne avessimo facoltà, faremmo ripetere l’anno pure ai genitori che protestano.

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