Il cassonetto
di Gassman

C’è un uomo sulla graticola, si chiama Alessandro Gassman. Figlio di uno degli immortali del Novecento, a sua volta attore di un certo fascino, ha avuto la cattiva idea di commentare così l’ondata di indignazione contro il degrado di Roma: «Se Roma è così sporca è anche colpa tua» e ha proseguito la chiamata in correo dei suoi concittadini invitandoli a scendere a pulire il loro pezzetto di strada davanti al portone per dare un segnale di civiltà al sindaco Marino e anche al governo. Ha poi avuto la malaugurata idea di lanciare l’iniziativa #Romaèanchetua su Twitter per raccogliere pareri. E infatti ha raccolto una carrettata di insulti.

In questi giorni l’idea che probabilmente gli era sembrata originale lo ha trasformato nell’uomo più inviso alla città dopo il sindaco stesso. Due le critiche più originali. La prima è quella del quotidiano Il Tempo, che con un occhio critico non comune ha inviato un cronista sotto l’abitazione di Gassman a fotografare mucchi di immondizia, cassonetti debordanti e altre carinerie per dimostrare che chi ha lanciato il sasso ha poi ritirato con accuratezza la mano.

La seconda è quella del critico letterario palindromo, Asor Rosa, insofferente a suo tempo ai mondiali di calcio, poi al Giubileo, infine a qualunque cosa si muova sotto casa sua a Borgo Pio. Il guru dell’ultrasinistra in cachemire, saputo che Gassman è in Uruguay, l’ha invitato «a cominciare a pulire le strade di Montevideo per scaricare la voglia di scopa».

Poi ha fatto sapere il motivo per cui non si sogna di spostare una cartaccia dal marciapiede: «Pago fior di tasse e ho diritto di pretendere che gli operatori ecologici lavorino con impegno e regolarità». Posizioni più morbide non se ne intravvedono, il problema resta. E la monnezza pure.

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