Il Gauguin operaio

di Giorgio Gandola

La classe operaia va ancora in paradiso, almeno nel paradiso dell’arte. La notizia della settimana è il ritrovamento di due opere d’arte perdute, dallo straordinario valore commerciale: un Gauguin da 15 milioni di euro e un Bonnard da 600 mila euro.

La classe operaia va ancora in paradiso, almeno nel paradiso dell’arte. La notizia della settimana è il ritrovamento di due opere d’arte perdute, dallo straordinario valore commerciale: un Gauguin da 15 milioni di euro e un Bonnard da 600 mila euro rubati a Londra a due collezionisti negli anni Settanta.

Li hanno recuperati i carabinieri di Torino, erano tranquillamente appesi nella cucina di un operaio della Fiat in pensione, che li aveva acquistati vent’anni fa a un’asta di oggetti smarriti per 45.000 lire. Un uomo di umili estrazioni, ma evidentemente di finissimo fiuto. Non sapeva di chi fossero quei quadri, ma ha certamente capito, al momento dell’acquisto, che dovevano emanare un fluido speciale. Poteva scegliere altro, forse gli serviva altro. Ma quella «Natura morta con cagnolino» e quella «Donna con due poltrone» devono averlo affascinato a tal punto da fare un’offerta, quella vincente.

Ed è dolce pensare che per vent’anni quei capolavori lontani avrebbero fatto la loro figura in un museo a Londra o a New York (uno dei proprietari ai quali erano stati trafugati si chiamava Kennedy) e invece sono rimasti appesi nella cucina proletaria di una tuta blu. È stato il figlio, studente di architettura, a scoprire il valore dei dipinti dopo una perizia. Su una vicenda simile Michael Frayn ha scritto una pièce teatrale di successo, «A testa bassa». Lì era un Bruegel, finito a fare da paraspifferi in un camino di campagna. Una storia da romanzo che dice la verità sul destino delle cose umane. Quindi l’Urlo tace e ammira.

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