La barca è piena (2)

Il tema è decisivo, il dialogo è stimolante. Una lettera fra le tante. «I negrieri del terzo millennio abbandonano la nave al suo destino perché l’incasso è già stato garantito (il pagamento è anticipato), mentre nel secolo XIX° la monetizzazione avveniva una volta giunti nelle Americhe.

Ai tempi moderni si ha la sensazione che l’unico interesse nei confronti dei migranti sia quello dimostrato dall’industria dell’accoglienza. Sarà poi l’immigrato che, liberamente, cercherà i mezzi che gli permetteranno di vivere degnamente nell’Europa Felix. Al limite, si può ravvisare qualche elemento di competitività di bassa mano d’opera che è comunque funzionale al disegno di ottenere uno degli obbiettivi della attuale CE, l’abbassamento costante del livello medio del salario. Questi sono alcuni aspetti che diversificano le due epoche. La costante è la barbarie». Firmato Simone Fratus. Molto interessante.

Il punto chiave della barbarie acculturata (nel senso che da questa parte del canale di Sicilia tutti dovremmo avere una coscienza) è la pigrizia nel cercare soluzioni. Parliamo solo di Mare nostrum, di Triton, come se la via d’uscita dal dramma fosse in mare. Evochiamo le onde ben sapendo che il problema non è l’acqua, ma la terra di partenza. Quando i barconi salpano è già tardi per tutto. È in Libia che l’impegno dell’Europa deve fare il salto di qualità. Non ha senso schierare la flotta, ma neppure usarla solo per un servizio taxi. I negrieri vanno fermati laggiù.

Ho molti dubbi su quello che viene definito «business dell’accoglienza». Sono convinto che non ci guadagni nessuno, sennò ci sarebbe la fila (in primis dei nostri parsimoniosi politici) a mettere a disposizione strutture e ricoveri. Invece qui si tende a lasciare il cerino acceso in mano ai Volontari e alla Chiesa.

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