La Ferrari del capo rom

La culla del diritto non è priva di rovesci. E l’avvocato Francesco Murgia, che in queste settimane rappresenta la famiglia del nomade ucciso dal benzinaio vicino a Vicenza, è a suo modo un principe del foro.

Diventò famoso per un caso di scuola che nel Nordest ancora provoca dolori dalle parti del plesso solare: due anni fa riuscì a costringere lo Stato a restituire al capo rom Adriano Hudorovic di Castelfranco una Ferrari, altre sette fuoriserie, una abitazione e conti bancari per un totale di un milione di euro che erano stati sequestrati «perché provento di attività illecite alle quali l’uomo pare dedicarsi abitualmente» come recitava l’ordinanza. In effetti Hudorovic era stato condannato a tre anni di sorveglianza speciale con obbligo di dimora per estorsione, falso, truffa. L’uomo, che dal 1995 non ha più presentato una dichiarazione dei redditi, vantava un tenore di vita definito «alto» nonostante fosse nullatenente e nullafacente.

Grazie all’abilità del legale, in Appello a Venezia il giudice sentenziò che il capo rom dovesse vedersi restituire il maltolto. E lo fece pur dando ragione ai sospetti degli inquirenti e ritenendo fondate le loro tesi. «In caso di sequestro dei beni l’onere della prova spetta all’accusa, ma il tribunale di Treviso ha omesso ogni motivazione per spiegare il sequestro». Morale, Hudorovic s’è ripreso la Ferrari e le vittime delle sue scorribande hanno rischiato il mal di fegato vedendolo passare dal marciapiede. In punta di diritto tutto regolare. In punta di frustrazione meno.

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