La giungla miliardaria

Più che petalose sono corpose e più che un neologismo è un’abitudine. Trattasi delle pensioni d’oro che da un quarto di secolo sonnecchiano al calduccio mentre la previdenza dei comuni mortali è stata riformata al ribasso con tutte le possibili sfumature di grigio.

Sono trentamila, blindatissime e riguardano il personale della Camera e del Senato, gli addetti al Quirinale, i dipendenti della Corte Costituzionale e gli ex giudici della Consulta medesima, gli amministrativi della Regione Sicilia, gli ex deputati, ex senatori ed ex consiglieri regionali. La forbice di questi assegni va da 40 a 200 mila euro l’anno, ma è difficile saperne di più perché le pensioni d’oro hanno un’altra caratteristica peculiare: abitano un sottobosco in cui la trasparenza invocata per il resto della cittadinanza non è un valore primario.

Tutto ciò è contenuto nel rapporto «Il bilancio del sistema previdenziale italiano» diffuso dal centro studi Itinerari previdenziali. Il presidente Alberto Brambilla spiega che «reperire questi dati è difficile poiché mancano le informazioni dei soggetti che non li comunicano al Casellario centrale come previsto dalla legge». Le amministrazioni inadempienti sono Camera e Senato in nome dell’autodichia (autoregolamentazione, vale a dire chi produce le leggi è dispensato dal rispettarle), Regione Sicilia in nome dell’autonomia, Corte Costituzionale per regolamento interno. C’è anche la Fama, vale a dire il fondo agenti marittimi ed aerei che gestisce la previdenza di quel settore. Secondo il rapporto non pubblica i dati e non è sottoposto a controlli. Chissà perché. E dire che dentro questa giungla di privilegi c’è un tesoro: un miliardo e mezzo di denaro pubblico.

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